Lazzarelle Bistrot, il riscatto di Teresa dopo la cella: «Ma il lavoro in carcere mi ha aiutato»

Lazzarelle Bistrot, il riscatto di Teresa dopo la cella: «Ma il lavoro in carcere mi ha aiutato»
di Giuliana Covella
Giovedì 23 Luglio 2020, 09:30
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Quattro donne, quattro storie di riscatto che vedono protagoniste detenute che diventano imprenditrici. Ma per ora, causa Covid, solo una, Teresa, ci sarà a preparare e servire caffè ai clienti al banco e ai tavoli. La sfida è quella lanciata dalla cooperativa Lazzarelle, impresa sociale al femminile nata nel 2010 nel carcere di Pozzuoli, che ha inaugurato il Lazzarelle Bistrot nella Galleria Principe di Napoli grazie al supporto di Fondazione Charlemagne e UniCredit.
 

 

«Sto pagando i miei errori, ma ora voglio rimettermi in gioco per un futuro migliore». Occhi e capelli castani, Teresa, 37 anni e mamma serata di due figli di 14 e 16 anni, s'intimidisce davanti all'obiettivo ma nel raccontare la sua storia viene fuori la sua grande forza d'animo. Ad attirare è soprattutto la sua loquacità. Una delle sue doti è infatti quella di essere comunicativa con gli altri. «Anche se non parlo nessuna lingua straniera - ammette sorridendo - mi piace interagire con la gente e non mi scoraggio quando vengono i turisti perché riesco a farmi capire». Originaria di Torre del Greco, a Pozzuoli Teresa deve scontare ancora quattro anni per il reato commesso. «Ho sempre lavorato onestamente - racconta - Avevo un bar e un'impresa di pulizie, poi mi sono indebitata e ho cercato di ottenere dei prestiti ma nessuno mi ha aiutata. Allora ho iniziato a fare rapine in banca insieme ad altre due persone, perché ero arrabbiata con lo Stato che non mi tutelava. Sono stata condannata a 15 anni e 2 mesi, scesi a 10 anni e 2 mesi per buona condotta e altri benefici, ma continuerò a pagare per la mia scelta sbagliata». Già da una settimana (di prova) Teresa ha la possibilità di uscire dalla sua cella al mattino per andare a lavorare in Galleria e poi rientrare la sera, come previsto dal regime di semi libertà. A gennaio la 37enne ha iniziato a produrre e tostare caffè all'interno del carcere, dove c'è la torrefazione e in poco tempo si è appassionata grazie agli operatori. Insieme a lei in un primo momento avrebbero dovuto esserci altre tre detenute ma l'arrivo del Covid ha costretto ad un cambio di programma. «A marzo dovevano essere in quattro - spiega Imma Carpiniello, presidente della coop Lazzarelle - poi è scoppiata la pandemia e si sono ridotte a tre, fino ad una sola, come ci impongono le restrizioni». Nel locale fino a settembre potrà esserci una detenuta affiancata da sei operatori sociali. «Sarà una grossa responsabilità - assicura Teresa - ma non mi spaventa, perché Imma e gli altri volontari hanno riposto fiducia in me».
 

Il progetto Lazzarelle negli anni ha coinvolto 62 detenute, dando loro la possibilità di mettersi alla prova producendo caffè artigianale nel rispetto dell'antica tradizione napoletana e dell'ambiente. Il sostegno di UniCredit - grazie ai fondi del progetto Carta E - ha permesso l'acquisto di beni strumentali funzionali all'avvio del locale. «Il Bistrot in effetti è lo spin off della torrefazione che è all'interno del carcere di Pozzuoli - rimarca Carpiniello - Queste sono le misure alternative che consentono un percorso virtuoso, grazie al quale per chi svolge un'attività lavorativa fuori dal carcere si abbatte la recidiva del 90%». All'inaugurazione anche la direttrice del carcere di Pozzuoli, Carlotta Giaquinto: «Per la prima volta usciamo dalle mura del carcere e speriamo di coinvolgere altre detenute nel progetto». Per Pietro Ioia, garante dei detenuti del Comune di Napoli «questa esperienza è la prova di un concreto reinserimento lavorativo e sociale». 

Gli spazi del locale erano dapprima usati come depositi comunali, come ricorda l'assessore ai giovani Alessandra Clemente: «Abbiamo messo in campo una progettualità che vede il Comune protagonista insieme alle istituzioni culturali dell'area, Mann, Accademia di Belle Arti, conservatorio San Pietro a Majella, facoltà di Architettura Federico II.
Dall'altro lato abbiamo fatto una scelta: non una Galleria di grandi marchi, ma tesa alla valorizzazione dell'artigianato e dell'inclusione sociale. Inoltre è aperto il bando per i locali non ancora assegnati». 

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