Napul'è mille culure, Henry e i cubani di Napoli: «Noi e i napoletani come delfini»

Napul'è mille culure, Henry e i cubani di Napoli: «Noi e i napoletani come delfini»
di Rossella Grasso
Sabato 14 Settembre 2019, 12:00 - Ultimo agg. 14:51
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«Quando un cubano arriva a Napoli si sente subito a casa. Lo stesso succede per il napoletano che arriva a l’Avana». A raccontarlo è Henry Ferrantti, medico cubano a Napoli da 8 anni. Ha lasciato Cuba per cercare asilo politico a Napoli per divergenze con il potere socialista locale, costretto a seguire una strada molto lontano da casa. «Ogni napoletano che arriva a L’Avana va via con una grande malinconia di non poter restare. La stessa cosa succede ai cubani che arrivano a Napoli: la prima cosa che diciamo è ‘qua stiamo a L’Avana’. Le due città sono simili nella dinamica, nei movimenti, negli odori, nei colori, nella vicinanza del mare, nell’esistenza del lungomare che è l’epicentro della città. Poi c’è la passione, il senso del colore, dell’arte che abbiamo molto in comune. Poi c’è un’altra cosa. Siamo molto simili ai delfini: abbiamo l’acqua fino al collo però continuiamo a sorridere».
 
La comunità cubana a Napoli è ristretta perché è molto più frequente che un cubano migri in America, paese di migrazione naturale che dista da L’Avana circa 180 km. Poi c’è la Spagna con la quale i cubani condividono molta storia oltre che la lingua. Ma anche l’Italia ha il suo fascino. «Io sono arrivato qui 8 anni fa perché c’è una parte della mia famiglia. A Cuba, al di là della questione economica che non è il problema principale, ci sono altre questioni. Abbiamo un paese bellissimo ma purtroppo abbiamo un sistema politico che ha dei pregi e dei grossi difetti. Ti toglie il fiato, la libertà di esprimerti come essere umano pensante. Per questo io ho preso la decisione di cambiare rotta, pur essendo un medico con una carriera avviata e che mi ha dato a Cuba delle soddisfazioni non indifferenti. Sono venuto qui a cercare una nuova ruta». Sono otto anni che Henry non mette piede a Cuba ma spera di poter tornare presto a casa. «Mi auguro che le cose sulla mia isola possano cambiare presto e io possa tornare».
 

La comunità cubana a Napoli non è vastissima, si concentra soprattutto a Caserta. Ma, per Henry, la sua presenza quasi non si sente non tanto per l’esiguo numero ma perché napoletani e cubani sono davvero molto simili e sono integrati perfettamente. «Un po’ perché i cubani che arrivano in Italia spesso sono mogli o mariti di italiani e quindi partono già integrati da un matrimonio. Oppure partono per ricongiungersi con le famiglie – spiega il medico – Poi ci sono i titolari di protezione internazionale come me. È facile integrarsi a Napoli tanto che noi diciamo che siamo disciolti nel tessuto sociale. A volte passiamo come ‘desapercibidos’, inosservati come stranieri, siamo visti come napoletani».
 
Henry parla di una «corrispondenza di amorosi sensi», per dirla alla Foscolo, che colpisce cubani e napoletani. «C’è un grosso fascino a Cuba per la cultura italiana e viceversa in Italia c’è il fascino per quella cubana, per la musica, per l’arte, per la storia. Questo è un veicolo che ha facilitato enormemente il processo di integrazione da parte di entrambe le comunità. Cuba a Napoli è molto presente nelle serate notturne, nelle discoteche e nei centri culturali. C’è un’infinità di scuole di ballo caraibico tenute da cubani o ristoranti. E questo è un altro grande veicolo per la socializzazione e la veicolazione di cultura e tradizioni».
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