Port'Alba, addio libri: non solo jeans, spuntano cinesi e tatuatori

Port'Alba, addio libri: non solo jeans, spuntano cinesi e tatuatori
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 5 Dicembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 15:07
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Giorni strani a Port'Alba: la notizia di un noto marchio di abbigliamento giovanile interessato a rilevare i locali dell'ex libreria Guida lascia sotto choc alcuni e incuriositi altri. Per ora prevale lo choc, anche se le attività culturali - con neo Saletta Rossa annessa - sarebbero incluse nello store di vestiti, come confermato dall'editore Diego Guida. Di fatto, la storica la via sotto l'arco a ridosso di piazza Dante pullula di cose e persone, ma è sempre meno la via delle lettere. Un'altra libreria storica, dei Pacifico, sta chiudendo i battenti. In compenso il venditore di kebab fa buoni affari e un negozio storico si è trasformato in tatuatore. Non sono solo i tempi che cambiano, con il bene e il male che agiscono insieme, ma è anche l'incapacità di tutelare un patrimonio identitario della città.
 
Port'Alba non è morta. Ci passa un mare di gente, siamo sotto Natale: è moribonda la cultura. I librai sono in ginocchio. Non a caso, sono i mercanti di alfabeto i più amareggiati: «È una storia triste - allarga le braccia Tullio Pironti, libraio ed editore - Un negozio di abbigliamento al posto di Guida sarebbe deprimente non solo per il Sud, ma per tutta l'Italia. Quella libreria ha fatto la storia del Paese». «Sarebbe bello farci una casa editrice, o una bottega di lavori artigianali partenopei - gli fa eco Chiara Pironti - Se gli affari ci vanno male è a causa di due problemi: l'e-commerce, con Amazon che non paga le tasse in Italia al contrario dei librai, e la liberalizzazione delle licenze commerciali». Qualche passo più in là, Pasquale Langella conferma: «Il 70% dei miei incassi viene dal commercio online, perché me la cavo vendendo volumi d'antiquariato e modernariato. Tenere il locale, di certo, non mi conviene economicamente. Con le vendite in negozio non pago nemmeno l'affitto, che è di 970 euro al mese. Se avessi un deposito lavorerei meno e guadagnerei di più. Le piccole librerie e negozi vanno curati quando sono aperti, e non commemorati quando chiudono». Peggio ancora per la bottega di Pacifico di fianco al kebabbaro (aperto da qualche anno al posto di Aricò). «Cedesi», si legge laconicamente all'ingresso della libreria lì da 40 anni. «Avevamo anche una bottega in piazza Dante - allarga le braccia Paolo Buonocore - Adesso si cede anche questo negozio. L'attività diventerà qualcosa di diverso da una libreria».

C'è anche chi è cambiato con i tempi, a Port'Alba, ma non vende libri. «Siamo aperti dal 1941 - sorride Salvatore Trifari di Bmd Tattoo Surprise - mio padre qui faceva strumenti chirurgici. Nel 2003 abbiamo iniziato a occuparci anche di tatuaggi». «Da un paio d'anni - aggiunge il più giovane Antonio Flaminio - c'è stato un restyling del negozio: abbiamo puntato sull'esposizione delle apparecchiature per tattoo: macchinette per il disegno, guanti, aghi». Le lettere arrancano. Il tattoo no. I libri nessuno li compra, eppure le facce di studenti e passanti esprimono tristezza. Qualcuno sogna una Casa della Musica nei locali di Guida. Altri una sede per il prossimo Festival del Libro a Napoli: «La chiusura di queste librerie storiche è la fine di un'era - osserva Andrea Minervini - Online si paga tutto meno ed è più comodo: è la fiumana del progresso, ma un negozio di vestiti sarebbe la fine di questo posto». «Meglio un negozio di abbigliamento che una patatineria - dice Stefania Mazza, studentessa al conservatorio - Però è molto triste: per me questa è la strada dei libri. Purtroppo, vista l'epoca in cui ci troviamo, questa è una storia triste ma attuale».

Il quarto bando per la vendita dei locali scadrà l'11 dicembre. I primi tre sono già andati deserti, e si fatica a vendere i locali nonostante il ribasso del prezzo (si era partiti da 3 milioni di euro all'indomani del fallimento nel 2013, ora l'ex libreria si vende a 1,8 milioni). Il problema del vincolo del Ministero - anche secondo i curatori fallimentari di Guida - che impone un'attività culturale nell'ex libreria, fa calare l'appeal degli imprenditori interessati. «Negli anni scorsi - spiega in merito l'assessore comunale alla Cultura Nino Daniele - il compianto Mario Guida propose di abolire il vincolo dei Beni Culturali per provare a vendere i locali velocemente, così da salvare almeno la casa editrice. Gli fu risposto di no. Adesso non possiamo permettere questo scempio: Port'Alba è la via della cultura. Nel caso in cui l'offerta dello store di vestiti si materializzasse, il Ministero dovrebbe esercitare il diritto di prelazione e rilevare l'immobile. Assurdo che la Scala di Milano abbia ricevuto finanziamenti per 100 milioni e lo Stato non trovi un cinquantesimo di quella cifra per salvare una storica libreria del Sud». L'assessore alle Attività Produttive Enrico Panini si esprime invece sulla possibilità di uno store ibrido di jeans e libri: «Con la direttiva Bolkestein e la liberalizzazione delle licenze, gli enti locali non possono porre limiti al commercio se non in casi molto specifici. Perciò nelle prossime settimane emetteremo un'ordinanza ad hoc per il centro storico che sia mirata a preservare le vocazioni territoriali e a incentivare gli investimenti in tutti i settori, compreso quello della cultura».
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