Lamiere, amianto e fili scoperti: condannati a vita nei container

Lamiere, amianto e fili scoperti: condannati a vita nei container
di Rosa Palomba
Lunedì 8 Gennaio 2018, 10:49
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È una piaga contagiosa. Vecchia di quarant'anni, male incurabile e ancora molto imbarazzante. L'insidiosa ferita riproposta ieri dal comune di Pozzuoli, riapre il terribile capitolo dell'amianto. Anzi, delle baraccopoli costruite in Campania con la temibile e ormai bandita fibra in seguito a due tragici post: terremoto dell'Irpinia nell'80; bradisismo dei Campi Flegrei nell'84. Libro nero e mai chiuso. Il quattro gennaio il sindaco Vincenzo Figliolia ha firmato un'ordinanza di sgombero: dopo le indagini ordinate un anno fa dalla procura di Napoli, gli oltre duecento occupanti dei 48 container di via Dalla Chiesa a Pozzuoli, devono andare via entro gennaio. È confermato che in quelle scatole di latta e di muffe, ci sono anche particelle velenose che si liberano dalle lamiere lesionate.

Un'ordinanza che rimanda al groviglio degli alloggi di edilizia popolare in Campania, delle graduatorie contestate, delle attese infinite degli «aventi diritto» e di «infiltrati» che comunque non possono vivere per strada. Una pagina allucinante della storia del Sud che senza mezze misure rimbalza anche nella città di Napoli, zona est, Ponticelli, campo bipiani. È qui che i cassoni di ferro allestiti nell'80 sono diventati fisse dimore. Ed è anche qui che si sono alternati terremotati autentici e senza tetto storici; extracomunitari, profughi, disperati napoletani e stranieri. Quattrocento abitanti di una periferia inquietante: dodici blocchi di prefabbricati arrugginiti e ammuffiti dove le generazioni si alternano e i bambini giocano tra centinaia di fili elettrici aggrovigliati e vicoli attraversati da scoli di ogni genere. Umidità, animali di brutte specie che si intrufolano nelle casette, promiscuità e soprattutto rischio amianto. Il 10 settembre del 2003 il comune di Napoli sfrattò gli occupanti e annunciò che «domani tutto sarà raso al suolo». Nel frattempo, qualcuno sostiene di aver perso familiari uccisi dal cancro ai polmoni. Amianto, è la parola-chiave su cui però in mancanza di alternativa nessuno ci mette la firma. A Napoli come a Pozzuoli, ultima città della provincia alle prese con lo smantellamento della baraccopoli di via Dalla Chiesa. Nelle decine di Comuni metropolitani infatti, seppur con oltre trent'anni di ritardi, inchieste giudiziarie, appalti truccati, gare d'appalto avviate, sospese e rifatte decine di volte, arresti e morti ammazzati per la gestione dei cantieri, in qualche modo sono stati sistemati terremotati e simili. La maggioranza ha risolto perché ha provveduto da sé. In quasi tutti i casi infatti, i prefabbricati non sono più occupati da persone sfuggite a qualche tragedia, ma da chi una casa non l'ha avuta mai. Una tragedia.
 
Occorrono risorse. E quarant'anni e 50 miliardi di euro dopo, i soldi non bastano. E non ci sono. Una svolta potrebbe spuntare da una riforma. Il passaggio degli Istituti autonomi case popolari a un'agenzia regionale per l'edilizia residenziale. L'Acer, istituita anche in Campania. A «costruirla», l'archietto Romeo Gentile, nominato commissario. Suo il compito di mettere insieme i cinque Iacp campani. Perentorio il termine del 31 dicembre 2018.

Ottimizzare i processi degli Iacp da qualche decennio impegnati soltanto a fare manutenzione ordinaria degli alloggi popolari. Più di 80mila case in Campania, tutte occupate e tramandate di padre in figlio, con fitti bloccati agli anni 80: «Bisogna attuare una politica di realizzazione di nuove abitazioni - dice Romeo Gentile - e rivedere la situazione di quelle esistenti». Revisione dei fitti, ristrutturazioni, valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente, e magari anche vendite per reperire fondi freschi e costruire nuove abitazioni». Ci sono tanti locali che potrebbero essere messi sul mercato e generare risorse, aggiunge Gentile. «Ciò che manca è anche la rotazione dell'utilizzo: la norma consente che morto l'assegnatario iniziale i suoi eredi continuino a occupare quella casa ma spesso non si sa più a che titolo e c'è chi resta in graduatoria per tutta la vita. Oltre a prevedere la fusione degli Iacp, l'agenzia regionale che fa capo all'assessorato Getione del Territorio di Fulvio Bonavitacola, il nuovo regolamento deve riscrivere «regole più civili».

Oltre 80mila alloggi degli istituti Case Popolari, più di 100mila di proprietà dei Comuni che hanno ottenuto i fondi della Ricostruzione: «Proporremo una convenzione con quelle amministrazioni locali che non possono far fronte all'emergenza abitativa: appalti, sgomberi, risanamento, avvio di cantieri, riscossione e adeguamento dei canoni - chiarisce il commissario dell'Arec - Sulla gestione del patrimonio abitativo residenziale campano occorre una gestione unanime. A cominciare da una stazione unica appaltante».

E poi ci sarebbero gli alloggi sociali: edilizia pubblica agevolata anche dalle norme urbanistiche. Per esempio - spiega ancora l'architetto Romeo Gentile - le abitazioni confiscate invece che essere demolite potrebbero essere assegnate ai senzatetto. La Regione lo ha già proposto al governo che però ha rimandato tutto alla Corte Costituzionale affinché sia allontanato il dubbio che possano essere favoriti gli attuali occupanti. La partenza vera e propria dell'Agenzia e magari anche la revisione delle graduatorie, è però legata alla revisione dei bilanci degli stessi Istituti. Ma prima, gli Iacp devono mettere «a posto le carte». Meglio, i bilanci. Essendo enti autonomi - appunto - hanno seguito ognuno le proprie regole, i propri sistemi di software, le proprie norme di contabilità. Pare che sia difficile trovare l'equilibrio fra entrate e uscite finanziarie ed economiche. L'agenzia regionale invece, deve cominciare a lavorare partendo da un bilancio chiaro, redatto secondo le ultime regole pubbliche.

«Stiamo allestendo un piano di gestione industriale - conclude il commissario Gentile - senza una politica univoca ed efficientista, la questione del post terremoto come quella dell'emergenza abitativa popolare in generale, resterà irrisolta».

Una parola «fine» dunque, che imponga uno stop alla sconfitta istituzionale del dopo sisma del 23 novembre 1980: 99 Comuni coinvolti che poi diventarono 460 e infine 687; 2mila e 914 morti, 8mila e 500 feriti, circa 300mila sfollati. Molte centinaia di persone attendono ancora una casa mentre i campani continuano a pagare quattro centesimi per ogni litro di benzina: un contributo - appunto - per dare un tetto sano a chi, vero o falso terremotato, continua a invocare il diritto alla casa.
 
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