Scuole aperte a Napoli, la protesta degli studenti: «Più sicurezza o aule vuote»

Scuole aperte a Napoli, la protesta degli studenti: «Più sicurezza o aule vuote»
di Mariagiovanna Capone
Martedì 2 Febbraio 2021, 08:30
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«Vogliamo certezza, rientro in sicurezza». Gli striscioni dell'Osservatorio Popolare Studentesco sono stati affissi sui cancelli di alcune delle scuole superiori di Napoli, altri li metteranno oggi. Questo per precisare che «la protesta continua fino a quando non verranno accolte le nostre proposte». Le richieste del movimento studentesco sono tante, alcune ventennali e altre connesse alla pandemia: maggior numero di assunzioni in tutto il comparto scuola che possano garantire sicurezza, rinnovo e un'equa distribuzione delle mansioni, nuovi spazi esterni per svolgere la didattica in sicurezza; investimenti per l'edilizia scolastica, migliorare il trasporto pubblico, presìdi medico-sanitari in tutti gli istituti per tamponi rapidi e adeguata strumentazione (termoscanner, gel e mascherine), sportelli di ascolto psicologico, esame di Stato adeguato alla preparazione avuta quest'anno.

 

«I punti cardine sono tre: didattica, socialità, sicurezza. La nostra non è una battaglia contro le dirigenze, ma contro un governo che ha investito in inutili banchi con le rotelle lasciandoci senza mezzi pubblici, senza prevedere tamponi per personale e studenti, con una Dad nata come didattica emergenziale non in grado di offrirci occasioni di confronto culturale ma solo nozionismo. E contro De Luca, che ha creato caos con le sue ordinanze, privandoci del diritto allo studio offerto invece agli studenti del resto d'Italia, e causando stress ai nostri dirigenti» precisa Dario Di Fusco del liceo Nitti di Fuorigrotta dove le aule ieri erano vuote. «Il liceo è frequentato da studenti di quartieri molto distanti e anche di altri comuni.

Non ci sentiamo sicuri di salire su Cumana o bus affollati: non entriamo perché non è garantita la sicurezza». Gli assenti in presenza hanno provato a seguire la lezione in Dad «perché volevamo tutelare comunque il nostro diritto allo studio ma i prof non ci hanno autorizzato, così per solidarietà anche l'altro 50% si è disconnesso. Ci riproveremo anche domani (oggi, ndr) e fino a quando non ci sarà concesso di seguire la lezione anche con l'assenza. La didattica mista per noi è inefficiente, ma non essendoci le tutele per la nostra salute, questo sarà l'unico modo».

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Al liceo Pansini nessuno dei circa 370 studenti previsti in presenza è entrato. Per loro è stata concessa la Dad ma sarà conteggiata l'assenza, ma il problema resta ed è connesso soprattutto al timore degli studenti di utilizzare i trasporti affollati che gli consentono di raggiungere i tre plessi. Diritto allo studio e alla salute è il binomio indissolubile anche per gli studenti del liceo Vittorini all'Arenella, che pure ha molti studenti che utilizzano mezzi pubblici. «Le immagini delle file fuori la stazione di Piscinola e degli assembramenti nei vagoni della metropolitana sono la conferma che nulla è stato fatto per migliorare un tassello fondamentale per la ripresa in presenza» ammette Antonio Scafuro. «Servirsi dei mezzi pubblici è rischioso ed esporci al virus per raggiungere scuola è assurdo». Solo le prime classi sono entrate in presenza, e un piccolo gruppo ha seguito la Dad all'esterno dell'edificio di via Domenico Fontana: oggi si proseguirà allo stesso modo. Lezioni regolari invece al Mazzini, Labriola (occupato la settimana scorsa), Melissa Bassi, Fonseca, Genovesi e Convitto Nazionale.

 

Claudio Lipardi del liceo Mercalli conferma un'adesione altissima allo sciopero e assemblee su Zoom con 350 studenti. «Quasi nessuno è entrato in presenza, forse quelli delle prime classi, ragazzi che neanche hanno avuto il tempo di conoscersi». Anche oggi sono previste manifestazioni di protesta resta l'invito a non entrare ma seguire in Dad «una modalità didattica che non accettiamo ma a oggi resta l'unico modo per non rischiare contagi. Noi siamo per rientro in presenza - ribadisce Lipardi - ma non così, perché allora siamo bravi tutti a organizzare in piena pandemia la didattica. Il piano trasporti, in particolare, è stato di facciata, pur avendo quasi quattro mesi per metterlo a punto. La pandemia ha solo messo in luce problemi che l'istruzione italiana aveva già, solo che si sono moltiplicati e mettono a rischio la nostra vita e quella dei nostri familiari». 

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