Tavolini selvaggi, è caos a Napoli: «Qui nessuno controlla»

Tavolini selvaggi, è caos a Napoli: «Qui nessuno controlla»
di Valentino Di Giacomo
Lunedì 2 Agosto 2021, 08:30 - Ultimo agg. 3 Agosto, 08:05
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Cappello di paglia per proteggersi dal caldo e grossi occhiali da sole, una turista americana urta con la sua borsa la testa di un cliente mentre sorseggia un caffè al tavolino di un bar ai Decumani. Scene che da qualche tempo si ripetono sempre più spesso nelle strade più affollate con i locali che, pur di lavorare all'aperto, hanno riempito vie e marciapiedi di tavoli e sedie. «Hanno spiegato - dice un residente - che queste concessioni sono state introdotte per limitare i contagi del covid all'interno dei locali, ma qui per camminare in strada siamo costretti a continue gimcane e finiamo uno addosso all'altro per scansare i clienti dei bar e dei ristoranti che sono in strada. Tanto qui nessuno controlla». Se è così ai Decumani, la situazione è ancor più complessa ai Quartieri Spagnoli dove i turisti sempre più spesso si addentrano per i vicoli trovando una selva di tavolini e sedie, lo stesso al Vomero, a Fuorigrotta. Tutto è concesso da quando è scoppiata la pandemia e le regole per occupare il suolo pubblico sono diventate meno stringenti. Se si è già in possesso di una concessione basta soltanto inviare una richiesta al Comune per ampliare la propria zona di occupazione, senza neppure pagare tasse ulteriori. «Dopo mesi di chiusure - spiega più di un commerciante - questa è solo una norma compensativa per cercare di farci lavorare e recuperare qualcosa». Residenti e turisti devono però incunearsi in una sorta di corridoi di appena un metro lì dove ci sono tavolini in strada da una parte e dall'altra. 

«Noi - spiega il presidente di Confesercenti, Vincenzo Schiavo, abbiamo chiesto al Comune di avere un'agevolazione per poter ampliare gli spazi all'aperto. Un problema enorme soprattutto per i bar e i ristoranti che in Campania sono 60mila e, solo a Napoli, in 30mila. Fino a dicembre sono state date le concessioni, ma questo non vuol dire che si possa fare ciò che si vuole». Secondo Schiavo i commercianti che esagerano con l'occupazione di suolo pubblico vanno contro i loro stessi interessi. «Chi mai si siederebbe a prendere un caffè - fa notare il presidente di Confesercenti - trovandosi le persone che passeggiano praticamente addosso? L'invito che abbiamo fatto ai nostri associati è di utilizzare queste norme con giudizio e coscienza e, fino ad ora, non abbiamo registrato grandi criticità». Per Schiavo sarebbe ancora peggio se i commercianti posizionassero i tavolini sul ciglio dei marciapiedi a ridosso di strade carrabili. «Tutto va fatto - spiega - salvaguardando il business, ma anche l'incolumità dei consumatori.

Sarebbe irresponsabile mettere dei tavolini in zone dove le auto potrebbero con una manovra investire i clienti di un bar o di un ristorante. L'appello che facciamo da sempre ai nostri associati è di provare a reggere alla crisi provocata dal coronavirus, ma lasciando alle persone la possibilità di passeggiare perché altrimenti si andrebbe contro i propri stessi interessi». 

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Ad innervosire i commercianti, che ora si sentono quasi sul banco degli imputati, sono soprattutto la babele di leggi, ordinanze e regolamenti da dover rispettare e far rispettare. «In questi 500 giorni - racconta Schiavo - i titolari dei locali hanno dovuto cambiare piani d'azione continuamente: tra zone gialle, arancioni, rosse, tavoli con il plexiglas eccetera è stato un caos. Ancora oggi ci sono associati che mi telefonano al lunedì per sapere se nel weekend le regole cambieranno ancora perché sono impauriti e spaventati». L'ultima decisione che non va giù è l'ultima ordinanza della Regione che vieta la vendita di bibite ed alcolici da asporto dalle 22 alle 6 del mattino entrata ieri sera in vigore. «Da un lato - fa notare Schiavo - viene chiesto agli esercenti di collaborare con le autorità provvedendo anche ad effettuare dei controlli così come avverrà con il Green pass, dall'altro arrivano queste limitazioni che penalizzano ancora di più un settore martoriato dalla crisi». Ancor più grave, secondo Schiavo, è che questo genere di interventi non siano decisi a livello nazionale. «Perché - si chiede il presidente di Confesercenti - un locale a Roma può vendere tutto ciò che vuole dopo le 22 mentre a Napoli no? Eppure hanno costi di esercizio simili. Peggio ancora se pensiamo che ai locali della movida al confine con la Campania, come a Terracina o a Formia, dove i gestori hanno piena libertà mentre a pochi chilometri di distanza ci sono limitazioni così drastiche». Proprio nel fine settimana alacre è stato il lavoro degli agenti della polizia municipale che hanno fatto scattare controlli in tre locali ai Quartieri Spagnoli che non rispettavano le norme anticontagio e sanzionato i titolari per migliaia di euro. 

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