Maria, la professoressa dei ragazzi di Nisida: «Riscriviamo la storia»

Maria, la professoressa dei ragazzi di Nisida: «Riscriviamo la storia»
di Maria Pirro
Venerdì 24 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 10:37
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«La conosco da una settimana e ci ho già litigato più di tre volte, non capisco perché questa strana maestra continua a infastidirmi: non mi è mai interessato studiare». Sara è una delle dieci ragazze detenute nel carcere minorile di Nisida e ragiona ad alta voce, descrive così la sua insegnante che «resta seria, non mi parla, non mi guarda». Maria Franco, la professoressa di italiano, è minuta, ordinaria, lo scialle avvolto sui vestiti, il grigio dei capelli tagliati a caschetto, lo sguardo che non fissa subito il centro. Ha una voce sottile, asciutta, a volte brusca, a Napoli arriva da Reggio Calabria, la stessa terra di Sara, il profondo Sud: dal quel giorno impresso nella memoria di entrambe sono passati tre anni. «Andiamo d'accordo maè?», sorride la sua allieva in vista dell'addio. La 67enne va pensione dopo una carriera inattesa: «Nel 1984, quando arrivai Nisida, pensai fosse subito finita l'esperienza perché un ragazzo mi rovesciò il banco addosso e finì in isolamento. Invece, al rientro in classe, mi disse in dialetto: che dobbiamo fare oggi?», ricorda. Trentacinque anni dopo, Maria Franco è tra i vincitori dell'Italian teacher prize per l'attività portata avanti nella scuola, unico luogo nell'istituto penitenziario senza sbarre: «Alla scrittura ha dedicato gran parte dei suoi lavoro, perché convinta sia uno strumento privilegiato», riepiloga. E, la scrittura, è il suo modo per restituire ai giovani «una possibilità, autonoma, personale, di ripartire da se stessi, liberando il proprio passato e orientando il proprio futuro e, insieme, un solido ponte verso il mondo», dice.
 
La prima pubblicazione risale al 1985, «Voci dal carcere minorile». E poi, prose sparse, poesie, codici teatrali, giornale d'istituto, fotoromanzi, rielaborazioni, fino a realizzare il complesso progetto «Nisida come Parco letterario» che produce otto libri di racconti e un romanzo. Più l'ultimo: «Esercizi di stile per un congedo». Il titolo si riferisce apertamente al suo congedo dell'insegnante dalla lunga esperienza, «umana ancor più che lavorativa, di cui sono infinitamente grata», sottolinea Franco nel prologo, ma spiegando che «vuole essere anche un auspicio per le ragazze e i ragazzi che nel corso degli anni, mi hanno donato, con i loro entusiasmi e rabbie, ferite e dolcezze, silenzi e parole, qualche soffio della loro anima. Mi auguro che il loro congedo da quanto li ha portati a Nisida possa essere definitivo». Perché raccontarsi, aggiunge la professoressa che cura un blog chiamato Le conchigliette, «per i ragazzi in carcere, vuol dire non essere passivi oggetti di una comunicazione (quella dei giornali, della tv, delle fiction) spesso stereotipata, ma soggetti che possono dirsi con autenticità». Venticinque gli allievi (dieci ragazze e quindici ragazzi) quest'anno coinvolti nelle attività, seguiti con Angela Procaccini e Gianni Solla in dialogo costante con autori soprattutto moderni e contemporanei, da Neruda a Salinas, da Hikmèt a Gibran ad Arminio. «Chi scrive poesie è già libero un po'», s'apre così la terza parte del volume. E, dopo Sara, recita Martina: «Piano piano il sole sta nascendo/ rischiarando tutto intorno a lui/ e risvegliando il canto felice dei canarini/ Si risvegliano le onde che timide sbattono contro gli scogli/ creando mille spruzzi colorati/ come le mille sfumature della luce del sole/ Così con semplicità e leggerezza un altro giorno è nato».
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