Agguato a Ponticelli, la camorra uccide anche durante il coprifuoco: riesplode la faida di Napoli Est

Agguato a Ponticelli, la camorra uccide anche durante il coprifuoco: riesplode la faida di Napoli Est
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 15 Marzo 2021, 09:30
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La camorra torna ad uccidere a Napoli. Nel silenzio surreale delle notti di «coprifuoco» tornano in azione i killer e a Ponticelli scorre ancora sangue che fa temere nuove faide e scenari di guerra criminale. È da poco passata la mezzanotte di sabato quando sotto il fuoco dei sicari cadono due uomini: Giulio Fiorentino, 30 anni, e il 24enne Vincenzo Di Costanzo. Il primo muore mentre si tenta di rianimarlo nell'ospedale Villa Betania; il secondo soppravvive nonostante i proiettili che lo hanno centrato ed è ora ricoverato - non in pericolo di vita - presso l'ospedale del Mare.

Una doppia sfida alla legge, quella inscenata in via Esopo, all'interno del Rione Incis del quartiere nella periferia orientale della città.

Un affondo di fuoco e di piombo che non solo cerca di ribadire il «primato criminale» dei clan sullo Stato, ma che ha il sapore amaro della sfida che la criminalità organizzata lancia volendo dimostrare di essere padrona incontrastata del territorio anche durante il lockdown.

Ricostruiamo le fasi dell'agguato. Poco dopo mezzanotte un commando di sicari si materializza dall'ombra di una traversa secondaria di via Esopo affiancando i due obiettivi (entrambi già noti alle forze dell'ordine) e centrandoli con una decina di colpi di pistola. Fiorentino è raggiunto da proiettili al petto e alla schiena, Di Costanzo viene ferito alle gambe e all'inguine. Secondo un copione tristemente consolidato, i killer si dileguano a bordo di una moto mentre qualcuno fa una telefonata anonima al 112 per segnalare colpi di pistola in strada.

In breve sul posto giungono le Volanti del commissariato «Ponticelli». Fiorentino muore poco dopo mentre Di Costanzo verrà sottoposto ad un delicato intervento chirurgico ma non versa in pericolo di vita.

Indagini coordinate dalla Procura distrettuale antimafia e condotte dalla Squadra mobile della Questura partenopea. E, al solito, nessun testimone si farà avanti per collaborare con gli investigatori. Nella zona, poi, manca ogni rete di videosorveglianza stradale.

 

Primi interrogativi: chi era il vero obiettivo del commando di morte? E gli attentatori volevano realmente uccidere, o piuttosto solo ferire i due amici? La Mobile diretta da Alfredo Fabbrocini segue una pista precisa: il raid di sabato notte potrebbe essere collegato ad un altro grave fatto di sangue avvenuto solo due notti prima - sempre a Ponticelli - quando un altro pregiudicato vicino al clan casella, Giuseppe Righetto, venne ferito a colpi di pistola ad una mano: agli investigatori riferì di essere stato vittima di un tentativo di rapina, versione apparsa subito lacunosa e poco credibile. L'omicidio e il ferimento rappresenterebbero la risposta a quell'aggressione: e confermerebbe come sul territorio senza pace del quartiere orientale siano riprese le grandi manovre tra gruppi che si contendono la gestione delle piazze di spaccio della droga e del racket.

La vittima - Fiorentino - era considerato soggetto vicino agli ambienti della criminalità organizzata della zona, e in particolare al gruppo dei De Martino. E dunque dietro i due ultimi episodi ci sarebbe la ripresa degli scontri di una guerra sotterranea che vede opposti i Casella e i De Martino.

Un quadro dettagliato sulla situazione criminale a Ponticelli e sul potere dei clan arriva dall'ultima relazione semestrale della Dia che dedica al contesto territoriale un apposito capitolo. «Nel contesto di Ponticelli - secondo la relazione fornita al Parlamento - la frantumazione strutturale e operativa del clan De Micco ha dato luogo alla proliferazione di altri gruppi che hanno sfruttato anche l'indebolimento del contrapposto clan D'Amico. Pertanto, si è in presenza di un cartello criminale formato dalle storiche famiglie De Luca Bossa-Minichini-Schisa che si sono coalizzate con altri clan dei quartieri limitrofi estendendo la loro influenza anche nel comune di Cercola. Nel territorio permane, comunque, l'operatività della contrapposta famiglia De Martino, fedelissima del disarticolato clan De Micco che gestisce alcune piazze di spaccio nella zona del Rione Fiat con il placet dei De Luca Bossa, mentre, nel Rione Luzzatti, si conferma il forte radicamento della famiglia Casella - articolazione del disciolto clan Sarno - i cui esponenti di vertice ed affiliati sono stati scarcerati nel mese di ottobre 2019 per un difetto procedurale dopo essere stati raggiunti, nel 2018, da un provvedimento restrittivo». «Ancora una volta, la periferia di Napoli è teatro di una tragedia - commenta Pasquale Esposito, responsabile Enti locali del Pd cittadino - Questi territori sono stati abbandonati da troppo tempo: i 209 miliardi del recovery fund devono servire anche e soprattutto a combattere la criminalità ed a favorire l'inclusione sociale».

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