Ambrogio Prezioso, l'intervento
del presidente dell'Unione industriali di Napoli

Ambrogio Prezioso, l'intervento del presidente dell'Unione industriali di Napoli
Giovedì 27 Aprile 2017, 13:02
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Pubblicamo l'intervento di Ambrogio Prezioso, presidente dell'Unione industriali di Napoli, in occasione della celebrazione dei 100 anni.

Le Vie dello Sviluppo presuppongono una realtà in evoluzione. Chiediamoci allora: a Napoli, in Campania, qualcosa si muove? Pare proprio di sì. I flussi turistici, ad esempio, sono in crescita costante. Ne abbiamo avuto una ennesima riprova negli ultimi week-end. C’è un nuovo dinamismo al vertice di prestigiose strutture museali, grazie anche alla recente riforma. Da Capodimonte, con la bella mostra su Picasso, all’Archeologico, alla stessa Reggia di Caserta, per varcare i confini metropolitani.

Ci sono imprese create da giovani, realtà consolidate e in crescita, in comparti tradizionali del made in Italy e in poli manifatturieri all’avanguardia per tassi di innovazione. Ci sono multinazionali estere che scelgono di insediare sedi importanti nel nostro territorio. La domanda vera, tuttavia, è: può bastare? Possiamo essere soddisfatti di qualche progresso compiuto, incluso il superamento dell’emergenza rifiuti in attesa di soluzioni definitive?

La risposta è che “si deve fare di più”. Questa città attende da decenni interventi di trasformazione che potrebbero farla decollare. La solita lista: Napoli est, con piani che si proiettano fino a Pompei e oltre, Centro Storico, Bagnoli e l’intera Area Flegrea. Che vi siano situazioni complesse, che occorra superare una stagione storica segnata da presenze di industria pesante poi dismessa, che sia necessario procedere in certe zone a interventi di rigenerazione e riqualificazione, e in altre a bonifiche e riconversioni…

Che vi sia bisogno di tutto questo, lo sappiamo tutti. Ma allora? Perché attendiamo da oltre un quarto di secolo? È il Paese che non funziona? Ci sono grovigli inestricabili di leggi e regolamenti che ingessano in partenza o in fieri qualsiasi progetto meritevole? Che in Italia si debba completare un processo di riforme strutturali non lo penso solo io. Lo ha ribadito il Ministro Padoan pochi giorni fa, giustificando in tal modo il differenziale di crescita del pil sottolineato dal Fondo monetario internazionale, che ancora ci separa dalla media europea.

C’è da chiedersi, allora: perché una città con potenzialità straordinarie resta tra le capitali della disoccupazione della Penisola? È un problema italiano? No. Altrove si realizzano grandi opere e si progetta in grande. Milano e dintorni, in questi anni, costituiscono l’esempio più autorevole.

Con l’Expo, che a conclusione genera la feconda eredità del Parco della scienza, del sapere e dell'innovazione. Con il campus che farà traslocare le facoltà scientifiche dell'università Statale a Rho-Pero, sede del più importante quartiere fieristico italiano. Milano potrà essere scelta anche per ospitare l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, con flussi previsti fino a 100 mila visitatori all’anno. Si insedierebbe nel Pirellone, che verrà messo a disposizione in tempi rapidissimi.

Per non parlare di City Life, il progetto di riqualificazione della vecchia Fiera. Con il complesso di Porta Nuova firmato da Gae Aulenti per la piazza, da Cesar Pelli per la Torre Unicredit, da Stefano Boeri per il Bosco Verticale. È tutto un susseguirsi di iniziative che hanno già cambiato fisionomia e prospettive della città, rilanciata come polo dell’innovazione europea.

Napoli non è Milano, ma è la capitale del Mezzogiorno d’Italia. Deve avere una sua vision e si può dare sostanza alla vision solo attivando progetti, che da sempre purtroppo stentano a partire. Ha pesato una cultura individualista. Le questioni in gioco sono troppe e troppo complesse per poterle affrontare attraverso singole progettualità. Bisogna mettersi in gioco rinunciando ciascuno ad una piccola parte del proprio interesse immediato e particolare, a vantaggio di un più ampio interesse collettivo.

L’individualismo non si annulla con un colpo di bacchetta magica, ma creando le premesse per stare insieme. Superando una concezione del ruolo di classe dirigente legata alla soluzione di ricorrenti emergenze. C’è un metodo per dare corpo a quella che altrimenti resterebbe una pia illusione. È il metodo della condivisione. Di un percorso che inglobi l’istanza di pianificazione centrale con le idee e i progetti di chi vive il territorio. Che giunga in tal modo a definire una visione comune, entro la quale possano trovare accoglimento iniziative e progetti di investimento, sia pubblici che privati.

È un metodo che vogliamo promuovere su scala nazionale, nell’ambito del Gruppo di lavoro sulle Aree Urbane e Metropolitane costituito da Confindustria, fortemente voluto dal Presidente Boccia, che avrò l’onore di coordinare.

Occorre il dialogo tra istituzioni, ma anche quello tra istituzioni e soggetti privati. La partnership pubblico-privato è essenziale per centrare l’obiettivo. Nei territori che hanno affrontato con successo il tema della rigenerazione urbana, si è creato un mix virtuoso tra spesa pubblica più contenuta e investimento privato largamente più alto.

A Napoli tutto questo non è ancora partito veramente. Forse perché finora, e ribadisco con speranza, fino ad ora, non si era riusciti a passare da una dimensione autoconsolatoria di grandi osservatori del passato a una dimensione, più fattiva, di protagonisti del futuro. Le recenti dinamiche politico-istituzionali tracciano percorsi diversi, più promettenti. L’Unione Industriali Napoli da tempo si è attivata per accelerarli.

Siamo al fianco del gruppo di imprenditori che ha presentato un master plan per Napoli est e Pompei. Abbiamo in passato dato impulso a studi che hanno promosso quell’iniziativa, finalizzata a creare le premesse per la riqualificazione e il rilancio sia dell’area orientale della città che del territorio extra moenia di Pompei, fino a Torre Annunziata e a Castellammare di Stabia. Quel lavoro ha contribuito a favorire sinergie tra pubblico e privato.

Il grande e meritorio lavoro di recupero e rilancio del sito archeologico va completato con la realizzazione del piano più generale di recupero, risanamento e rilancio dell’intera area circostante gli scavi, previsto nel quadro del Grande Progetto Pompei.

Dall’altra parte del Golfo, il completamento della bonifica di Bagnoli favorirà lo sviluppo di una pianificazione e del conseguente complesso di interventi di valorizzazione dell’intera area flegrea. Bagnoli è collocata in una posizione strategica, punto di convergenza tra il golfo di Napoli e quello di Pozzuoli.

È il simbolo di vocazioni inespresse, che, con l’aiuto dell’iniziativa e della creatività di tutti, nel quadro di direttrici di marcia condivise dalle istituzioni interessate, possono trovare forma. La Baia di Pozzuoli può e deve diventare un Golfo ‘intelligente’, se si dà impulso e superiore armonia a percorsi dal basso, con iniziative concrete e attuabili in tempi rapidi, portate avanti da soggetti privati e pubblici.

Iniziative come Corporea, il Planetario, la nuova Città della Scienza, rappresentano esempi del nuovo che avanza in quell’area. Ma penso anche e soprattutto al Polo Tecnologico Ambientale promosso da imprese associate all’Unione Industriali. Al Progetto Eisenman di riconversione della ex Sofer, presupposto per la salvaguardia di altre preesistenze industriali come Prismian, Mbda e Selex, al progetto di riconversione dell’area impegnata da cantieri nautici, Fiart in primis, in strutture ricettive, con l’arretramento delle attuali lavorazioni. Portati ‘alla luce’, siti archeologici abbandonati e dimenticati possono generare ricchezza.

Gli esempi non mancano: Portus Iulius, una meraviglia da riscoprire quotidianamente, che andrebbe restituita alla possibilità di fruizione di turisti e visitatori. La Piscina Mirabilis.

Il Castello di Baia, per la cui riqualificazione c’è un importante progetto imprenditoriale. Sono fondamentali il dialogo e l’azione comune, escludendo una progettualità frammentata di altrettante monadi. Progetti dialoganti dunque, che si tengano insieme e si rilancino vicendevolmente.

Nel rispetto di una vision condivisa, delineata dalle competenti istituzioni, c’è spazio per il protagonismo dei centri di ricerca, dei centri di competenza universitari, dei vari laboratori a partire dal FabLab di Città della Scienza, di banche e altri intermediari finanziari che valorizzino la buona progettualità, anche con strumenti di finanza innovativa. C’è spazio per imprese di tantissime dimensioni e tipologie, dalla piccola ristorazione alla grande impresa.

Non si tratta di rinunciare alla selezione, ma di qualificare gli interventi sulla base di una griglia che tutti abbiamo concorso a definire. Se si attiva un meccanismo del genere, la disponibilità di risorse non costituirà alcun problema. Attireremo capitali endogeni ed esogeni, da altre aree d’Italia e dall’estero, sia per la manifattura che per il turismo e l’industria culturale.

La fattoria digitale, l’industria del terzo millennio, non hanno bisogno delle vecchie ciminiere, come dimostrano realtà come Ios Developer Academy a San Giovanni a Teduccio e Acca Software a Bagnoli Irpino. Coniugheremo recupero identitario e innovazione tecnologica. Tutto deve essere intersecato in questa visione comune.

Grazie al finalmente ritrovato tavolo tra Invitalia e le Istituzioni, con l’ascolto di tutti gli stakeholder, potranno trovare realizzazione i diversi punti del piano annunciato, dall’Hub Ricerca a sostegno delle attività produttive, all’Hub Nautico e a quello Culturale, al Distretto Agrifood.

Bisogna attrezzare reti e infrastrutture materiali, iniziando dal completamento e potenziamento delle preesistenze. I trasporti su ferro in primis. Ma anche le vie del mare, incredibilmente trascurate con una costa che può vantare approdi come Bagnoli e Nisida, Rione Terra, Bacoli, Capo Miseno e Lucrino, solo per citarne alcuni.

Questi approdi potrebbero rappresentare anche le vie di fuga, unitamente alla creazione di ‘vuoti urbani’ contigui, essenziali per garantire sicurezza nell’area definita ‘zona rossa’ a rischio sismico, sulla base delle relative indicazioni scientifiche.

Va potenziata e qualificata la viabilità, che deve tener conto dei nuovi flussi potenziali e che necessita della realizzazione di parcheggi di interscambio. Occorre strutturare reti immateriali, a cominciare da quelle digitali ed energetiche. Ha ragione la Svimez: è assurdo trascurare le potenzialità della geotermia nella terra della Solfatara!

Creare valore aggiunto è necessario ed è possibile farlo in una logica di sviluppo sostenibile. Dove la razionalizzazione degli spazi ovviamente non è sostenuta da logiche speculative ma è tesa all’obiettivo di migliorare la qualità della vita.
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