Emergenza babygang a Napoli: «Io, picchiato per noia nell'inferno cittadino»

Emergenza babygang a Napoli: «Io, picchiato per noia nell'inferno cittadino»
di Melina Chiapparino
Mercoledì 8 Giugno 2022, 07:00 - Ultimo agg. 20:03
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L'ennesimo raid da arancia meccanica a Napoli, è avvenuto lunedì notte, ai Colli Aminei. Questa volta, il branco, si è scatenato con un'aggressione tanto violenta quanto ingiustificata, fino al punto di lasciare tramortito a terra un ragazzo di 21 anni, ora ricoverato all'ospedale Cardarelli. Lo studente napoletano, vittima dell'assalto, non è in pericolo di vita ma per la criticità dei traumi riportati è comunque in prognosi riservata. A far esplodere la brutalità degli aggressori non sembra sia stata nessuna parola fuori posto, né tanto meno uno sguardo di troppo ma, banalmente, un mix di noia e prepotenza fini a se stessi, che adesso è al centro delle indagini dei carabinieri di Napoli. Il Mattino ha raggiunto in ospedale la vittima dell'ennesima aggressione, ecco il suo racconto.

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Cosa stava facendo quando è stato aggredito?
«Mi trovavo ai Colli Aminei con un mio amico.

Ci eravamo incontrati dopo cena per chiacchierare un po' e intrattenerci nella zona della Pineta. Avevamo scambiato due chiacchiere e fumato una sigaretta, come spesso accade quando ci riuniamo con la nostra comitiva ma, l'altra sera, eravamo solo in due. Verso l'una ci siamo salutati per rientrare ognuno a casa propria e quando sono rimasto da solo, mi si sono avvicinati alcuni ragazzi. Io stavo semplicemente passeggiando e, inizialmente, ho cercato di proseguire dritto per la mia strada».

Come è scattato il raid violento?
«C'erano quattro persone, di cui due ragazze ma solo i ragazzi hanno cominciato a dire frasi provocatorie come se volessero prendermi in giro e attaccare briga. Sulle prime li ho ignorati ma insistevano con le parole offensive e continuavano ad avvicinarsi sempre di più fino a che, gli ho risposto e da quel momento è cominciata l'aggressione. La mia intenzione era semplicemente finirla lì, con uno scambio di parole sopra le righe ma i due ragazzi, hanno cominciato a strattonarmi e colpirmi. A quel punto anche io ho reagito fisicamente ma, in pochi istanti, non ho capito più nulla e ho sentito una scarica di botte».

Cosa è successo?
«Si sono aggiunti altri ragazzi, sembravano su per giù miei coetanei ma non saprei definire il numero preciso di persone e, soprattutto, non sono riuscito a capire da dove provenivano. Il gruppetto ha cominciato a colpirmi dappertutto con pugni, calci, spintoni e anche colpi molto forti al volto. Mi colpivano ovunque. Ricordo che cercavo di divincolarmi e proteggermi, incassando quella scarica di botte fino a che ho sentito un dolore acuto all'addome. Credo si trattasse di un calcio molto forte che mi ha tolto il respiro».

Che pensava in quel momento?
«Pensavo solo a proteggermi ed evitare che mi facessero ancora più male. In alcuni momenti, provavo a divincolarmi ma era impossibile perché erano troppe persone e non riuscivo neanche a parlare o chiedere aiuto. Comunque sarebbe stato inutile gridare perché, non c'era nessuno e quella zona, soprattutto in certi orari, è desolata. In quel preciso momento, la mia prima preoccupazione era uscire fuori da quella situazione ma subito dopo, ho pensato che sarebbe potuta andare anche peggio. Mi ha soccorso un conoscente che ha insistito per portarmi in ospedale. Credevo di poter tornare a casa ma in effetti non mi reggevo in piedi e avevo volto e addome insanguinati».

Secondo lei, perché è stato aggredito?
«Non c'è stato nessun motivo, né un'azione o qualche gesto che potesse scatenare l'aggressione. Io mi stavo semplicemente facendo i fatti miei. Viviamo in una città dove diventa sempre più difficile anche svolgere le banali azioni della vita quotidiana come incontrare degli amici o uscire a fare una passeggiata. Qualsiasi cosa fai, rischi di essere aggredito. Personalmente, ciò di cui mi sono preoccupato, sono stati i miei genitori. Non volevo dargli pensieri e ho cercato di tranquillizzarli».

Lei è in prognosi riservata con traumi significativi al volto e lesioni alla milza. Questo episodio la cambierà?
«Quello che conta di più ora è riprendermi fisicamente perché i traumi nonostante la criticità, potranno guarire. Di certo, eviterò di rimanere da solo nella zona della Pineta che praticamente, dopo una certa ora, è completamente isolata ma non voglio giudicare Napoli. Purtroppo nella nostra città c'è anche questo ma c'è tanto altro. Io studio e ciò che mi è accaduto non mi fa venire voglia di andare via. Anzi vorrei guarire il prima possibile per ritornare alla mia vita, visto che mi aspettano anche gli esami da fare nella sessione estiva». 

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