«Bradisismo, la sorgente a 100 metri dal Rione Terra di Pozzuoli»

«Bradisismo, la sorgente a 100 metri dal Rione Terra di Pozzuoli»
di Pasquale Guardascione
Lunedì 8 Febbraio 2021, 09:27 - Ultimo agg. 15:59
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Ha tremato ancora una volta la terra nei Campi Flegrei, nel cuore della notte, una scossa di magnitudo di 2.2 della scala Richter. L'attività sismica nell'area flegrea è monitorata dall'Istituto nazionale di geologia e vulcanologia presieduto da Carlo Doglioni.


Presidente, l'attuale crisi è più o meno pericolosa rispetto alle ultime due precedenti?
«Allo stato attuale delle conoscenze non sappiamo dare una risposta certa a questa domanda. I vulcani, in particolare i Campi Flegrei, sono sistemi con un comportamento molto complesso e difficile da prevedere in modo accurato, soprattutto nel medio-lungo termine. Attualmente, per la caldera non abbiamo la completa conoscenza della geometria e delle proprietà della sua struttura, né del suo sistema di alimentazione. Sappiamo, inoltre, che sono governati da processi fortemente non lineari, dove piccole differenze o perturbazioni delle loro condizioni possono produrre evoluzioni anche molto diverse.

Per quanto riguarda il bradisismo, è associato ad alcuni fenomeni quali sismicità e anomalie geochimiche delle emanazioni gassose. Capisco le preoccupazioni della gente, tuttavia, al momento nessuno dei dati in nostro possesso sembra indicare, a breve termine, l'approssimarsi di una crisi eruttiva».


Siamo in presenza di un meccanismo diverso del bradisismo rispetto alle crisi precedenti?
«L'attuale sollevamento dura da circa 15 anni e presenta una velocità decisamente inferiore a quella rilevata nelle crisi precedenti. Le osservazioni sperimentali suggeriscono due possibili principali cause del sollevamento in corso e del degassamento associato: una intrusione orizzontale di un sottile disco largo alcuni chilometri di magma e spesso pochi metri alla profondità di alcuni chilometri, detto sill; oppure l'aumento del flusso di fluidi magmatici che risalgono dal profondo e interagiscono con le rocce e il sistema idrotermale presente nei primi chilometri di profondità spingendo verso l'alto i livelli crostali sovrastanti. È bene sottolineare, però, che la complessità del sistema vulcanico e la difficoltà di osservarlo con accuratezza, hanno indotto la comunità scientifica a sviluppare più modelli interpretativi dei fenomeni in corso».


A quale profondità è posta la sorgente che produce il sollevamento del suolo?
«I dati suggeriscono una posizione del punto centrale della sorgente localizzato nel golfo di Pozzuoli, a circa 3-4 km di profondità e centrato a qualche centinaio di metri a sud del Rione Terra».


Le deformazioni del suolo osservate sono prodotte dalla spinta o dalla migrazione del magma verso la superficie o dall'azione dei fluidi presenti nelle rocce o da entrambi?
«Non abbiamo una certezza definitiva sulla natura del sollevamento. Abbiamo in corso uno studio sull'origine dei gas e sulle cause delle deformazioni che prevede anche la partecipazione di ricercatori della comunità scientifica nazionale e internazionale. Intercettare, il più precocemente possibile, i segnali di eventuali movimenti di risalita del magma, rappresenta la principale sfida scientifica per poter realizzare previsioni più affidabili sull'evoluzione di una eventuale crisi eruttiva».


Ipotizzate la presenza del magma come sorgente di energia?
«I Campi Flegrei sono una caldera vulcanica attiva. L'energia necessaria per alimentare i fenomeni osservati in superficie arriva quindi, in ultima analisi, dal magma che alimenta il vulcano. Grazie alle indagini tomografiche realizzate nel 2001 dal progetto Serapis, è stata evidenziata una discontinuità nelle caratteristiche fisiche delle onde sismiche a una profondità di circa 7-8 km. Questa discontinuità è stata interpretata come il limite superiore di un volume crostale caratterizzato da fusione parziale delle rocce e che può rappresentare uno dei serbatoi magmatici del vulcano».


È possibile verificare la migrazione del magma verso la superficie?
«Le reti di monitoraggio attualmente installate sono state progettate e realizzate proprio per questo scopo principale dall'Osservatorio Vesuviano con il supporto del dipartimento della Protezione Civile e della Regione. Le capacità risolutive e la sensibilità dell'infrastruttura di monitoraggio sono strumenti essenziali per individuare e seguire eventuali risalite di magma. Quando un vulcano comincia a mostrare nuovi o inusuali segni di attività, i dati di monitoraggio rappresentano la principale sorgente di informazione per capire l'evoluzione della crisi. Purtroppo non conosciamo con precisione le scale temporali dei processi pre-eruttivi e quindi del possibile preavviso prima dell'evento eruttivo. Né possiamo escludere in assoluto la possibilità di falso allarme, ovvero, che una possibile intrusione di magma negli strati più superficiali della crosta possa alla fine non produrre alcun fenomeno eruttivo, come avvenuto negli anni Ottanta».


È possibile prefigurare uno scenario per una evacuazione?
«Non è possibile fornire uno scenario pre-eruttivo certo. In un sistema calderico come i Campi Flegrei, perfino la posizione della futura bocca eruttiva non è nota e può essere stimata solo sulla base di mappe probabilistiche. Abbiamo però una stima di come i segnali precursori potrebbero evolvere con l'avvicinarsi del magma alla superficie, grazie allo studio di sistemi vulcanici analoghi e con caratteristiche petrologiche simili che hanno eruttato recentemente nel mondo. Un ulteriore problema è rappresentato dal fatto che non è possibile relazionare univocamente i segnali precursori con la scala e la tipologia dell'eruzione, almeno allo stato attuale delle conoscenze. Questo fa sì che, in caso di emergenza, si faccia riferimento alla zonazione prevista dal Piano Nazionale di Emergenza, che definisce le aree interessate dalle fenomenologie principali su base probabilistica e considerando alcune sorgenti di incertezza».

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