Camorra a Dubai, il narcos Raffaele Imperiale in auto blu: «Aiutato dai servizi segreti»

Camorra a Dubai, il narcos Raffaele Imperiale in auto blu: «Aiutato dai servizi segreti»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 6 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 7 Ottobre, 07:14
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Broker della droga e potente armiere delle faide che hanno insanguinato Napoli, che si muoveva in auto blu ministeriale e aveva in tasca un tesserino diplomatico. Ricercato numero uno, per anni wanted a Dubai, uomo ombra dei traffici di cocaina, ma anche ago della bilancia delle guerre di camorra a Napoli (grazie alle armi vendute ai cartelli della camorra), con un asso sempre buono da giocare: auto blu, tesserino ministeriale e una probabile copertura dei servizi segreti. Eccolo Raffaele Imperiale, arrestato lo scorso luglio a Dubai, grazie al lavoro congiunto di polizia e finanza, in una storia in cui tornano con prepotenza le presunte coperture istituzionali. Camorra, armi, droga e servizi segreti. Brutto cocktail a leggere quanto emerge dalle informative agli atti dell’inchiesta culminata pochi giorni fa nella misura cautelare firmata dal gip Linda D’Ancona a carico dell’ormai ex ricercato numero uno.

Una storia che riserva particolari inediti e che spiega uno dei misteri legati alla gestione del crimine organizzato a Napoli. Chi porta le armi ai clan in guerra? Chi foraggia “stese” e agguati, chi addestra killer, munendoli di armi di precisione? Basta leggere quello che racconta il collaboratore di giustizia Gennaro Carra, ex esponente del malaffare di rione Traiano. Un verbale che svela una parte dello strano caso Imperiale e del suo socio di sempre Mario Cerrone, gli uomini - è solo il caso di ricordarlo - che possedevano i due quadri di Van Gogh rubati dal museo di Amsterdam quasi venti anni fa. Ma restiamo al racconto di Carra: «L’ho visto. Anzi li ho visti. Erano i passaporti diplomatici: blu scuri con una scritta d’oro. Ho visto sia quello di Imperiale che quello di Cerrone. Li ho visti anche a un terzo ragazzo, che si chiama Francesco Paolo Russo, lo so perché siamo stati in carcere assieme». E poi, a proposito di un episodio del 2018, insiste: «Circolava a Napoli in un’auto blu ministeriale». Strani intrecci, a leggere le indagini dei pm Maurizio De Marco e Vincenza Marra. Stando a quanto raccontato dal pentito, ci sarebbe stata una copertura oscura per l’uomo che da almeno quindici anni ha riempito la città di cocaina, oltre ad armare killer della faida che ha insanguinato la città a più riprese (vendeva bazooka e altri ordigni da guerra, ma assicurava addestramenti in Olanda e in Bulgaria di alcuni killer provenienti da Secondigliano). 

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Quanto basta a spingere il gip D’Ancona a insistere in sede di valutazione delle esigenze cautelari su coperture e aspetti opachi della carriera criminale di Imperiale: usano sofisticati apparecchi informatici (con un sistema di origine russa), favoriscono la latitanza di esponenti della camorra; mentre il possesso di passaporti falsi è altamente sintomatico della capacità di eludere i controlli di polizia in tutti gli aeroporti del mondo: «Con quei documenti l’indagato può entrare in qualsiasi Paese del mondo». Scenario misterioso, anche a proposito della sua presunta capacità di corrompere personale dell’Interpol nel 2018, per ottenere il ritorno in libertà di un suo affiliato, quel Bruno Carbone che - approdato a Dubai - ebbe tre giorni per far perdere le tracce. Lo stesso Carbone che finisce in un intrigo internazionale appena due anni fa, quando la stessa Interpol arrestò al suo posto un uomo estraneo alla camorra: altro aspetto misterioso di una vicenda che puzza di coperture e di manine in movimento. Tocca ad altri pentiti tratteggiare il profilo di Imperiale, anche a proposito dei due quadri trafugati dal Van Gogh Museum e comprati da Imperiali, di cui parla lo stesso Carra: «Li portarono su una spiaggia di Licola, avvolti da uno straccio, ci dissero che erano importanti. All’inizio non capii, poi quando vidi che Cerrone era ai domiciliari, capii a che quei dipinti servivano a evitare anni di galera».

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