«Nove anni in laboratorio, ecco la nostra speranza per sconfiggere il cancro»

«Nove anni in laboratorio, ecco la nostra speranza per sconfiggere il cancro»
di Melina Chiapparino
Domenica 3 Gennaio 2021, 10:44
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La ricerca scientifica fa un passo in avanti con una scoperta tutta napoletana destinata a prevenire e ridurre l'aggressività dei tumori al seno. Lo studio degli esperti del Ceinge-Biotecnologie Avanzate apre la strada a diagnosi precoci e terapie mirate per tutelare la salute delle donne ma è un traguardo conquistato dopo 9 anni di indagini ed esperimenti. Scoprire il meccanismo molecolare che causa le metastasi polmonari nel carcinoma mammario triplo negativo «è il frutto di notti insonni e giornate intere trascorse in laboratorio senza conoscere sabato, domenica o festività», come raccontano Veronica Ferrucci e Fatima Asadzadeh, due giovani ricercatrici del gruppo napoletano dall'anima rosa (che vanta la presenza di 12 donne su 15 ricercatori).

«La nostra vita è fatta di sacrifici e pazienza ma soprattutto di passione che ci sprona a dare il nostro contributo per la salute della collettività», aggiunge Fatima.

Oggi ha 35 anni ma quando ha lasciato l'Iran per studiare Biotecnologia Molecolare a Napoli, ne aveva solo 22. Le due colleghe arrivano «a trascorrere anche 12 ore in laboratorio, tra microscopi, provette e analisi di dati al computer, così come accade agli altri componenti del gruppo di ricerca» e non è raro «ritrovarsi un messaggio al cellulare in piena notte perché qualcuno ha avuto un'intuizione da condividere», spiegano Veronica e Fatima, unite dall'amore per la genetica.


LA SCOPERTA
L'obiettivo della ricerca del Ceinge è stato «ridurre il processo metastatico della tipologia più aggressiva del tumore al seno, il carcinoma mammario triplo negativo che rappresenta il 20% delle patologie tumorali mammarie», spiega Massimo Zollo, genetista e professore dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, che ha coordinato il gruppo di ricercatori del Ceinge. «Le caratteristiche di questo tumore sono la giovane età all'esordio e la maggiore propensione a sviluppare metastasi, soprattutto nei polmoni aggiunge Veronica, 31enne originaria di Cremona ma trapiantata da 20 anni a Napoli -, per questo è stato fondamentale dimostrare che una specifica proteina è correlata alla progressione del tumore e alle metastasi, identificando nel modello murino una piccola molecola non tossica, in grado di ridurre il processo metastatico al polmone». Non solo. I ricercatori sono passati «dal modello murino alla conferma degli stessi meccanismi nella donna, eseguendo tecnologie di sequenziamento del Dna, così da essere in grado di predire le metastasi e creare, nei prossimi 2 anni, dei kit diagnostici per applicare terapie mirate», continua Veronica che quando non è in laboratorio, coltiva la passione per il pianoforte.


L'APPLICAZIONE
«Dopo l'individuazione della molecola che ha la capacità di bloccare il processo metastatico, ora vogliamo sviluppare un kit in grado di identificare all'esordio quali tumori hanno maggiore probabilità di sviluppare metastasi nei polmoni o in sedi distanti», spiega Zollo che sottolinea come questo potrebbe accadere nel giro di due anni e «aiuterebbe l'oncologo nel determinare una terapia eventualmente più aggressiva sin dall'esordio». La scoperta del Ceinge, per i ricercatori, è stata una vera e propria emozione. Veronica l'ha condivisa con i genitori e suo marito che è riuscita a sposare in estate, quando il Covid ha dato un po' di tregua. Fatima l'ha dedicata a sua madre Zhara che le ha dato «la forza di lottare e farcela da sola», confessa la 35enne, da sempre alle prese con tanti ostacoli da superare, compreso quello di imparare l'italiano. Lo studio del Ceinge, pubblicato su riviste scientifiche internazionali, ha coinvolto il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche della Federico II, Maurizio Di Bonito dell'Unità di Patologia dell'Istituto Nazionale dei Tumori IRCS Fondazione Pascale, Natascia Marino dell'Indiana University di Indianapolis in Usa, Kris Gevaert del centro di biotecnologie mediche VIB-Ugent, in Belgio, Giovanni Paolella dell'Università Federico II, Francesco D'Andrea del Dipartimento di Sanità pubblica e il DAI Medicina di Laboratorio e Trasfusionale AOU Federico II e la Scuola Europea di Medicina Molecolare.

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