Napoli, il giudice arrestato per corruzione: «Ho sbagliato, mi isolo dal mondo»

Napoli, il giudice arrestato per corruzione: «Ho sbagliato, mi isolo dal mondo»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 5 Agosto 2019, 09:14 - Ultimo agg. 09:15
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Si difende con determinazione, ma si limita ad ammettere un solo errore, una sola «imperdonabile» colpa: quella di non aver troncato subito il rapporto con certe persone, con soggetti accanto ai quali si trova oggi coinvolto in una inchiesta per corruzione in atti giudiziari. Eccolo Alberto Capuano, giudice napoletano in cella da un mese, nel faccia a faccia con il collega Costantino De Robbio, la toga che ha firmato il provvedimento di arresto al termine delle indagini della Procura di Roma.
 
È il cinque luglio scorso, quando si tiene l'interrogatorio di garanzia. Quarantotto ore dopo gli arresti: «Io, in questi due giorni che ho vissuto in carcere («voce tremula da commozione»)... ho capito che mi devo isolare dal mondo... quindi lo saprei fare se tornassi...».

Chiaro il ragionamento di Capuano. Non avrebbe mai acquisito informazioni sulla composizione di un collegio chiamato a giudicare alcuni imprenditori di Giugliano, né si sarebbe reso disponibile a contattare colleghi del distretto di Corte di appello di Napoli. Si sarebbe invece limitato a dare consigli, semplici consigli, ad alcuni soggetti che conosceva da un po', con cui non riusciva a tagliare i ponti. Stesso discorso legato al presunto tentativo di favorire la figlia del consigliere della municipalità di Bagnoli Antonio Di Dio nelle prove orali del concorso in magistratura. Tutto falso, spiega Capuano. Anche in questo caso, si sarebbe trattato di qualche consiglio a una ragazza conosciuta per il suo zelo di studentessa e di ricercatrice: «Mi sono limitato a dare qualche consiglio. Venne da me con uno stato d'animo completamente funebre, peggio del mio stamattina, le dissi che doveva stare tranquilla, che non doveva bloccarsi, che non doveva incepparsi, che avrebbe dovuto sempre parlare e che, visto che era una cultrice della materia del diritto civile, su quella materia doveva riuscire a fare i collegamenti con le altre materie, perché questo le avrebbe consentito di mostrare una conoscenza a 360 gradi».

Difeso dai penalisti Giuseppe Fusco e Maurizio Lojacono, Capuano non ci sta a passare per il presunto anello di un sistema in grado di condizionare lo svolgimento dei processi a Napoli, entrando anche nel merito delle continue richieste che gli venivano avanzate da Di Dio e dal presunto complice Valentino Cassini, in merito al processo a carico degli imprenditori della famiglia Liccardo. Nega di essersi interessato al cambio del collegio, in relazione al pensionamento di uno dei membri, ma ammette di essersi limitato a contattare un avvocato amico per analizzare il ricorso fatto dalle parti. Un modo come un altro - a suo dire - per scrollarsi di dosso le richieste di soggetti con cui non riusciva a troncare: «Mi rendo conto di aver sbagliato nella mia condotta quando ho detto delle cose che non erano vere, perché se mi trovo oggi in questo stato è per colpa di questa cosa, e questo ha creato un gravissimo danno a me e alla mia famiglia, per non parlare poi della mia carriera... ma in quel periodo mi sentivo molto oppresso da questa persona ed ero convinto che dicendogli certe cose prima o poi si allontanasse, come a dire, se poi la vicenda Liccardo andava male, dicevo è andata male e non ci posso fare niente».

E il discorso fatto da Di Dio e Cassini a proposito di soldi da dare prima e dopo la sentenza a «lui»? Era Capuano il terminale della presunta dazione di denaro (di cui non c'è alcuna traccia nelle indagini, ndr)? Capuano chiarisce: «La presenza di Di Dio era diventata molto ingombrante, ma io non ho ricevuto niente, tanto che a un certo punto c'è una conversazione in cui Cassini dice a Di Dio ma glielo vogliamo dire a Capuano che gli diamo un mazzo di fiori, che gli diamo delle cose?: ma - ragiona il giudice napoletano - se mi avessero detto una cosa del genere avrei trovato la forza per dire basta non incontriamoci più». Un mese dopo gli arresti, il Riesame ha rigettato la richiesta di scarcerazione di Capuano. Ora la difesa punta a un probabile ricorso per Cassazione.
 
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