«Pio, dall'oratorio al pestaggio;
poteva salvarsi, ha trovato il nulla»

«Pio, dall'oratorio al pestaggio; poteva salvarsi, ha trovato il nulla»
di Fiorangela d'Amora
Martedì 4 Agosto 2020, 09:39
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Era uno scugnizzo, occhi scuri e profondi, a dorso nudo sui campi dell'oratorio a rincorrere un pallone e il pomeriggio in biblioteca per studiare. Chi vive nel Centro Antico a Castellammare conosce un solo punto di ritrovo, un solo faro, tra i vicoli dove regnano lo spaccio e la microcriminalità: la chiesa di San Ciro in piazza Fontana Grande. Nel 2010 Pio Lucarelli aveva nove anni, ed era uno dei ragazzi dello Spirito Santo. Sabato sera faceva parte invece del branco che ha aggredito il carabiniere Giovanni Ballarò. Pio Lucarelli è figlio di Giovanni, affiliato ai D'Alessandro, nipote di Raffaele Di Somma «o ninnillo» attualmente vicino ai Vitale. «Aveva modi da leader già da bambino, i coetanei lo rispettavano», ricorda Pasquale Somma, ex parroco della chiesa dell'Acqua della Madonna che dal 2010 al 2012 ha gestito l'oratorio. Oggi ha svestito l'abito talare, ma è rimasto un educatore laico con il gruppo Abele fondato da don Luigi Ciotti. Dal nord, dove ora vive, resta informato sui suoi ragazzi, sulle vicissitudini di una terra che ancora ama e dove vorrebbe un giorno ritornare.

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Cosa ha pensato quando ha letto che uno dei suoi scugnizzi era tra gli aggressori del carabiniere?
«Ho avuto un pessimo presentimento, avevo chiesto ad amici e conoscenti i nomi dei ragazzi coinvolti. Speravo che non ci fosse nessuno di loro, poi ho visto la foto».

Si aspettava di ritrovare Pio in queste vesti?
«La sua famiglia aveva un ruolo centrale nel quartiere, Pio viveva con la mamma e il fratello maggiore. Quando nasci in famiglie criminali hai una strada segnata. Eppure avevamo sperato che lui potesse salvarsi».

Lei e chi altro?
«La mamma mi ha sempre ringraziato per quello che facevamo ogni giorno con i figli. Anche il grande ogni tanto frequentava l'oratorio, ma Pio era assiduo. Avevamo un rapporto speciale, sapevo di dover dare qualcosa in più a un ragazzino che già a 9 anni dava segnali».

Di che genere?
«Poteva capitare che fosse violento nei confronti degli altri del gruppo, ma sapeva riconoscere quando era in torto. Sapeva chiedere scusa e tornare sui suoi passi».

Che infanzia ha avuto quel giovane capace di tanta gratuita violenza?
«Ricordo un bambino sempre sorridente, tra noi si scherzava, mi prendeva in giro e cercava la mia attenzione ogni volta che facevamo qualche attività. La domenica poi era sempre in prima fila».

Seguiva la messa?
«Certo, a volte ha fatto da chierichetto, le domeniche era tra i primi a rispondere alla domande sul Vangelo».

Facevate degli incontri?
«No, la domenica per avere una partecipazione maggiore di tutti avevo messo in palio una bustina di figurine dei calciatori Panini per chi sapeva rispondere alle domande sul Vangelo che facevo durante la messa. Pio il sabato veniva in sacrestia a ritirare il foglio che spiegava l'argomento del giorno dopo».

Fino a che età è riuscito a trattenerlo in oratorio?
«Io sono rimasto fino al 2012. Pio frequentava anche il doposcuola, nella biblioteca del Gesù i ragazzi dalle elementari alle medie studiavano con noi. A lui piaceva fare matematica, poi fuggiva al campo a Scanzano per giocare a pallone».

La passione di tanti ragazzini.
«Si ma lui era davvero bravo, dai Salesiani a Scanzano c'era un grande campo da calcio e lui faceva la spola».

Avrebbe potuto seguire la carriera sportiva allora.
«Magari, se avessimo avuto i mezzi per poter distrarre questi ragazzi con lo sport. Oggi a parte i piccoli oratori che ancora resistono non ci sono molte alternative».

Lei crede che Pio Lucarelli avrebbe potuto scegliere un'altra strada?
«Credo sia nostro dovere offrire un'alternativa valida. Spesso le famiglie vincono sulle scelte dei ragazzi. Ma è successo che passati criminali venissero rimpiazzati con mestieri e valori».

Cosa gli direbbe se lo reincontrasse oggi?
«Prima lo rimprovererei, poi proveremo a capire assieme cosa avrebbe potuto fare di diverso».

 

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