Scoppia di barelle l'ospedale Cardarelli, affollato ad ogni ora del giorno e della notte. Il pronto soccorso della cittadella sanitaria più grande del Sud Italia, è tornato sotto pressione per l'elevato numero di pazienti che vi sostano diversi giorni, prima del trasferimento nei reparti di destinazione. Varcata la soglia della palazzina Dea, il piano terra risulta completamente invaso da una distesa di lettighe tecniche, ovvero la versione moderna delle barelle che vengono sistemate in ogni angolo dell'ampio salone dove medici e infermieri sono costretti a destreggiarsi tra la calca di ammalati.
La barellopoli del Cardarelli, ieri pomeriggio, contava la presenza di 134 barelle, distribuite tra il pronto soccorso e l'area dell'Obi, l'Osservazione breve intensiva che occupa una parte del piano terra e del piano superiore.
La folla di barelle nei corridoi e nel salone del pronto soccorso complica l'assistenza dal momento che si tratta di luoghi non attrezzati come stanze degenti, a cominciare dalla mancanza di semplici bocchette per l'ossigeno ma siamo di fronte «a una vera e propria ondata di ricoveri no Covid». La definisce così Giuseppe Longo, direttore generale del Cardarelli che descrive «l'iperafflusso dei pazienti come la conseguenza del ritorno dell'utenza nei presidi ospedalieri dopo un periodo in cui sono state trascurate anche le patologie croniche e, allo stesso tempo, un effetto delle carenze territoriali». «Non c'è una sufficiente attività di filtro sul territorio, per cui le persone si stanno precipitando in ospedale - continua il manager - in questo momento Napoli non ha più il pronto soccorso dell'ospedale San Giovanni Bosco, in attesa della riattivazione e i posti letto del Loreto Mare che è ancora un presidio Covid». Queste condizioni, determinano una «pressione molto forte sul Cardarelli nonostante l'implementazione dei posti letto avvenuta di recente». «La gestione dell'iperafflusso è impegnativa ma stiamo mantenendo alta l'attenzione per la sorveglianza Covid con le aree di isolamento e i tamponi rapidi di terza generazione nel pronto soccorso e i test naso faringei nei reparti» conclude Longo.