Controlli sempre più serrati sul made in China che, a Napoli, dall'inizio della pandemia, ha registrato un boom della contraffazione di materiale sanitario. Se fino a qualche settimana fa, gli accertamenti delle forze dell'ordine sul mercato clandestino orientale, riguardavano mascherine, prodotti igienizzanti e farmaci omeopatici, ora ci potrebbe essere un'incognita in più da verificare. Si tratta della possibilità che stia circolando illegalmente una forma di vaccino proveniente direttamente dalla Cina. Un'ipotesi che potrebbe prendere corpo se proporzionata al numero dei contagiati da Covid tra le comunità cinesi nel capoluogo campano, che da ottobre 2020, hanno registrato solo 5 casi positivi su oltre 5200 cinesi censiti ufficialmente. L'altra faccia della medaglia, è la rincorsa al vaccino in patria che ha visto alcuni cinesi trapiantati in Campania, fare ritorno nei paesi di origine per sottoporsi alla vaccinazione, e ritornare in Italia, guadagnando l'immunità.
Le attività nell'ambito delle contraffazioni e della sicurezza dei prodotti sanitari sono state implementate da marzo attraverso le operazioni della Guardia di Finanza del Comando provinciale di Napoli che ha sequestrato una grande varietà di merce senza la marcatura della Comunità europea. Basti pensare che da fine febbraio, ammontano a più di 141mila i sequestri di tute, termometri, guanti, camici e saturimetri, commercializzati illegalmente nel mercato nero orientale.
La possibilità che possa circolare tra le comunità orientali un vaccino cinese clandestino «non è da escludere» come ha spiegato Paola Paderni, direttore dell'Istituto Confucio e docente di Storia ed istituzioni della Cina dell'Università L'Orientale di Napoli che ha messo in luce «il senso di fiducia che gli orientali nutrono verso le proprie azioni, mostrando più diffidenza verso ciò che non appartiene alla loro cultura anche nelle cure». Questo spiegherebbe anche la rincorsa al vaccino degli orientali che tornano nei paesi di origine per vaccinarsi e guadagnarsi l'immunità in terra partenopea. «Se il vaccino dovesse tardare in Italia, ho pensato di farlo in Cina ma per il momento non me la sento di viaggiare» spiega Huang Yuan, 26enne originario di un paese vicino Honk Hong e studente dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Per la comunità più giovane degli orientali, che comprende molti studenti universitari, c'è un maggiore senso di fiducia rispetto al sistema sanitario italiano. L'idea di partire per vaccinarsi per chi vive qui da 2 anni, come Huang, è una possibilità da attuare solo in caso di emergenza se le cure italiane dovessero tardare. «I contagi tra noi sono ridotti perché stiamo molto attenti alle misure di sicurezza e non usciamo di casa se non per l'essenziale» conclude Huang.