«Il virus c’è e bisogna conviverci. La possibilità di contagiarsi è alta, ma il vero dramma nel dramma è che il nostro sistema sanitario è fallimentare e non in grado di affrontare questa emergenza». Armando Coppola (nella foto in quarantena nella sua casa), 50 anni, napoletano, è un noto medico dentista e un ricercatore affermato in Italia e all’estero. Tre settimane fa ha scoperto di essere positivo al Covid-19.
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«Era il 6 ottobre, ero a lavoro e cominciai a manifestare febbre e tosse, credevo fosse la consueta influenza stagionale ma in poco tempo la temperatura salì.
Da allora è cominciata l’odissea del dentista e di sua moglie, anche lei risultata positiva. «In queste settimane di isolamento i tempi biblici in attesa di tampone dall’Asl mi hanno spinto ad affidarmi a laboratori privati - continua Coppola - e ho seguito la terapia antibiotica prescritta dal mio medico curante, che ringrazio ancora infinitamente, perché è stato l’unico a farsi carico del problema e di cui ovviamente non posso fare il nome». A essere contagiati anche i collaboratori dello studio odontoiatrico di Coppola, «ma di fronte a tutto questo voglio denunciare proprio lo sfascio di un intero sistema sanitario», rimarca il libero professionista.
«Quello che manca è il totale coordinamento tra le strutture che dovrebbero supportare il paziente affetto da Coronavirus. Ho sperimentato che si resta da soli, in completo isolamento. Io e mia moglie, ancora positivi dopo l’ultimo tampone (ora siamo in attesa di fare il terzo, ma le liste d’attesa al Frullone sono lunghissime e di certo lo faremo di nuovo privatamente) dormiamo in stanze separate e manteniamo il distanziamento anche in altri ambienti della casa. Ma fa rabbia il fatto di essere lasciati abbandonati a se stessi. Io sono un medico - continua - e dunque dovrei essere più razionale, ma mi assalivano continue crisi d’ansia e piangevo per scaricare la tensione».
Oltre al dramma di chi si ammala di Covid, c’è poi quello di tutti gli altri cittadini affetti da patologie altrettanto gravi, sottolinea Coppola: «Mia madre ha 85 anni ed è una malata oncologica. Ho dovuto assisterla e curarla a distanza, per ovvi motivi. Ma non credo sia un Paese civile quello in cui non si riesce a organizzare una rete ospedaliera capace di affrontare un’emergenza nell’emergenza». In più ci sono i costi di cui una famiglia deve sobbarcarsi per sottoporsi ai test a pagamento: «Io posso farlo perché ho un reddito che me lo consente, ma un nucleo familiare disagiato come fa ad affrontare questa spesa?». Ora Armando e sua moglie sono in attesa di sottoporsi a un nuovo tampone, il terzo in ordine di tempo da quando si sono ammalati: «Se l’Asl non interverrà con il tampone domiciliare non aspetterò loro, lo farò di nuovo in un centro privato. Un invito però sento di rivolgere a tutti: rispettate le regole. Mascherina e distanziamento sociale sono basilari, specie se si fa vita di relazione per motivi di lavoro o altro. Purtroppo questo virus esiste e non risparmia nessuno», conclude.