Napoli, la sfida del piccolo Giovanni: ha vinto il Covid, ma per vivere ora gli serve un cuore nuovo

Napoli, la sfida del piccolo Giovanni: ha vinto il Covid, ma per vivere ora gli serve un cuore nuovo
di Maria Pirro
Lunedì 12 Aprile 2021, 23:45 - Ultimo agg. 13 Aprile, 18:22
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Non molla. È più forte del Covid. Può vincere la sfida con la malattia con l’aiuto di tutti. Grazie a un gesto di amore. Deve farcela un’altra volta, perché Giovanni ha già ricevuto un trapianto. All’età di tre anni, al Monaldi. Ma, a causa del virus, il bimbo oggi è tenuto in vita con  con il sostegno dei farmaci ed è in lista per il secondo, delicatissimo intervento chirurgico. «Solo così può salvarsi», dice sottovoce la madre Assunta Tondi, che assieme al marito ricorda l’importanza della donazione degli organi, possibile quando si è colpiti dal lutto e, per i propri cari, non c’è più nulla da tentare. In quel preciso istante si può tenere accesa la speranza e sostenere altre famiglie che, come in questo caso, da mesi, e dopo già aver attraversato un lungo calvario, trascorrono notte e giorno in ospedale.


Come si può guardare negli occhi questo bimbo e non commuoversi? Si vede, nel suo sguardo chiaro, tutta l’energia, la spinta verso il futuro. Giovanni è stato operato una prima volta, a causa di una cardiomiopatia ipertrofica, a tre anni. E ne ha da poco compiuti undici. «A settembre», racconta la sua mamma con immensa dolcezza, «non l’ho mandato a scuola per proteggerlo dal Covid-19». Solo che due mesi più tardi, a novembre «e inspiegabilmente, considerando le precauzioni adottate», il bimbo, che abita ad Acerra, ha contratto l’infezione. Ai primi sintomi, decimi di febbre e inappetenza, ha reagito bene fino all’esito negativo del tampone. Ma, nonostante le buone condizioni cliniche, per il legame dimostrato tra antigene Hla e la malattia nei pazienti trapiantati, il piccolo è stato sottoposto a controlli ecocardiografici e prelievi ematici ogni 15 giorni. Seguito nel reparto di Assistenza meccanica al circolo e dei trapianti nei pazienti adolescenti diretto da Andrea Petraio, e nell’unità di Scompenso diretta da Giuseppe Pacileo. «Il dottore Petraio ha visto crescere mio figlio in tutti questi anni: già nel 2013 faceva parte dall’équipe che ha eseguito l’operazione», ricorda la madre.

Ed è stato il medico, nel frattempo diventato primario, a riscontrare «una significativa riduzione della frazione di eiezione», questa la diagnosi più tecnica, che ha portato al ricovero d’urgenza, il 3 febbraio scorso, dando il via a un’altra serie di accertamenti. 

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Sono stati effettuati così i prelievi per ricercare gli anticorpi presenti nel sangue e una biopsia miocardica, ipotizzando un rigetto dell’organo trapiantato in atto. E, durante la degenza, le condizioni generali del bimbo sono peggiorate. Di qui la necessità del sostegno farmacologico e il trasferimento in terapia intensiva. Senza smettere di lottare mai. Nello stesso ospedale, d’intesa con l’immunologo e con gli specialisti dell’unità di Medicina trasfusionale, è iniziato un trattamento di immunoaferesi con l’obiettivo di ottenere una riduzione degli anticorpi, modificando il metodo di cura, e adattando la procedura a diverse variabili esaminate giorno dopop giorno, personalizzando cioè la terapia in base alle esigenze del piccolo paziente. Un caso clinico unico in Italia, certificano in corsia. Tutto ciò ha permesso di spegnere momentaneamente la sindrome infiammatoria secondaria scatenata dal coronavirus. Un dato giudicato confortante, unito alla riduzione dei valori di troponina e degli anticorpi anti-Dsa. Ma non può bastare.

Giovanni è in attesa del secondo trapianto di cuore ed è ancora ricoverato nel reparto di Petraio. Ovviamente, assieme alla sua mamma, stessi occhi limpidi. «I medici e gli infermieri fanno tanto, occorrono però più risorse e personale», interviene il suo papà, mentre Assunta oggi si aggrappa alla fede, oltre che alla scienza, dopo aver dovuto affrontare la prova più tremenda con la perdita di un altro figlio. «Francesco, anche lui sottoposto a trapianto a tre anni», le manca ogni giorno. Il maggiore resta la sua gioia. Sua, nostra.
 

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