Covid in Campania, primi pazienti trattati con gli anticorpi monoclonali

Covid in Campania, primi pazienti trattati con gli anticorpi monoclonali
di Ettore Mautone
Mercoledì 24 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 09:47
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Mentre in Campania si supera la quota di 5mila morti per il Covid, dagli anticorpi monoclonali arriva una speranza concreta di guarigione. La sperimentazione è già stata avviata. Una telefonata del medico per avvisare, l’arrivo di un’ambulanza del 118 a domicilio, il breve tragitto da casa in ospedale. Poi un’ora di infusione endovena del farmaco in ambulatorio e altri 60 minuti di osservazione trascorsi sotto l’occhio vigile di un internista e di un anestesista. Infine il ritorno a casa, accompagnata dal personale del Covid center di Napoli est: si è svolta con una perfetta staffetta la giornata di Anna (il nome è di fantasia), 60 anni, affetta da obesità e da una malattia intestinale cronica che le rendono più fragile di fronte al Covid. È lei la seconda paziente in Campania che, con un’infezione da Sars-Cov-2 all’esordio, in terza-quarta giornata dal contagio e allo sviluppo dei primi sintomi, è stata arruolata dall’unità di cure domiciliari della Asl Napoli 1 per essere trattata all’Ospedale del mare con anticorpi monoclonali anti-Sars-Cov 2.

Un farmaco nuovo, di sintesi, sviluppato in laboratorio (con Dna ricombinante) e immesso in commercio dall’Aifa il 9 marzo scorso dopo il via libera, a fine febbraio, dell’Ema, l’ente regolatore dei farmaci in Europa. Il primo ciclo di cura con gli anticorpi anti Spike (la stessa molecola contro cui è diretto il vaccino ma in questo caso somministrati passivamente dall’esterno) è stato somministrato venerdì scorso a un 57enne diabetico fragile, affetto da concomitanti patologie cardiovascolari e ammalatosi anche di Covid. «In questo primo paziente, a distanza di due giorni dalla cura, la febbre è scomparsa - avverte Vincenzo Nuzzo, primario dell’unità di Medicina interna e Terapia sub intensiva dell’Ospedale del mare - ma l’insufficienza respiratoria è ancora presente. L’effervescenza della malattia è stata frenata ma per il recupero dei danni già fatti ci vorrà tempo. Il paziente è stato trattato al limite dei dieci giorni dall’esordio previsti dalle indicazioni Aifa. La terapia inibisce la replicazione virale ma possiede effetti minori sull’infiammazione scatenata dall’infezione. Pertanto ha senso somministrarla molto precocemente, all’esordio dei primi sintomi in pazienti con più di 65 anni o al di sotto di questa età ma con patologie che li rendono a rischio di sviluppare forme severe di malattia. Tra questi senza dubbio ci sono i diabetici - continua Nuzzo - la metà dei 47 pazienti che sono ricoverati da noi sono diabetici. Una condizione di vulnerabilità endocrina e metabolica che colpisce tutti gli endoteli e così danneggia reni, cervello, retina, apparato cardiovascolare. Sars-Cov-2 del resto - conclude il clinico - tramite la proteina spike ha una particolare affinità per queste cellule. Le microembolie che osserviamo in quasi tutti i malati di Covid, anche nei casi meno complicati, sono appunto il frutto di un’infezione che colpisce soprattutto le cellule che permeano non solo l’albero vascolare e i polmoni ma praticamente tutti gli organi».   

All’Ospedale del mare, come hub di riferimento per i malati Covid della Asl Napoli 1 - centro clinico dotato di terapia intensiva, unità sub intensiva, di decine di posti di degenza ordinaria e ora anche di ambulatori per i controlli di chi viene dimesso e guarisce - si sta dunque tentando di aggiungere un nuovo tassello che unisca le cure domiciliari e territoriali con quelle ospedaliere portando a regime questa nuova terapia, entrata ufficialmente nell’armamentario da sfoderare contro il Coronavirus. Un’organizzazione che il management dell’azienda, guidato da Ciro Verdoliva, ha fatto partire dal livello di cure territoriali: dietro le quinte ci sono decine di medici di famiglia che seguono i pazienti a casa, che conoscono la storia clinica di ogni assistito e che, in collaborazione con i camici bianchi delle Usca e con le unità di cure domiciliari della Asl coordinate da Antonio Maddalena, sono in grado di selezionare la ristretta cerchia di malati candidabili agli anticorpi monoclonali.

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Una terapia costosa (circa 2 mila euro a fiala) ma che può abbattere i costi di ospedalizzazione e salvare la vita ai pazienti più fragili. Anticorpi monoclonali da non confondere col siero iperimmune tratto dal sangue dei convalescenti che si usa in protocolli sperimentali non ancora definitivamente approvati dall’Aifa.

Oggi intanto tocca a un terzo paziente, giovedì ad altri due e dopo l’ospedale del mare in pista a Napoli ci sono il Cotugno e il Cardarelli. Già partita anche la Asl Napoli 2 e oggi Caserta con i primi pazienti trattati al Melorio di Santa Maria Capua Vetere e a Maddaloni. A giorni arriverà la Asl di Salerno che sta reclutando i pazienti inviati al Covid center di Scafati. Mentre la curva dei contagi scende e la Campania osserva il picco della terza ondata, tenuta a bada soprattutto dall’ennesima zona rossa, ci sono nuovi proiettili da sparare contro il virus. 

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