Covid a Napoli, le riaperture: «Due giorni inutili, incassi crollati del 70 per cento»

Covid a Napoli, le riaperture: «Due giorni inutili, incassi crollati del 70 per cento»
di Gennaro Di Biase
Sabato 9 Gennaio 2021, 09:31 - Ultimo agg. 10:32
4 Minuti di Lettura

Non c'è stato nessun boom del ritorno a tavola o al bancone. Complice anche il maltempo, tanti sono finiti con i conti in rosso per le 48 ore di riapertura al pubblico appena concluse. Si riaprirà lunedì, vista l'ordinanza di Speranza che ieri ha inserito la Campania in fascia gialla fino al 15, ma bar e ristoranti oggi e domani saranno di nuovo arancioni (dunque al lavoro solo per asporto e delivery). Al netto di eccezioni positive, gli imprenditori denunciano crolli medi di fatturato dal «60 al 90 per cento» rispetto a 7 e 8 gennaio 2019. Il flop si traduce nella stima di 36 milioni di incassi secondo Confesercenti da spalmare su 18.518 imprese campane. Il tema dei pubblici esercizi, il cui indotto coinvolge un numero incalcolabile di lavoratori (industrie, fornitori, trasporti, agricoltori), diventa centrale nella ripartenza del 2021.


I NUMERI
Confesercenti conta 36 milioni di fatturato in questi due giorni per le attività (circa il 65%) che hanno aperto in regione. «Rispetto a gennaio 2020 dice Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti gli incassi sono notevolmente inferiori.

Parliamo del 50% in meno per i ristoranti famosi e con forte fidelizzazione (Lungomare e dintorni). Lo stesso vale per bar e i baretti di Piazza dei Martiri. Il fatturato crolla fino al 70-80% per le altre zone di Napoli interne, periferiche e per altre province. Gli incassi poggiano su turismo e lavoratori degli uffici. Molti non riapriranno più. Ma rialzare la saracinesca per due giorni non è stato inutile. La notizia della zona gialla in Campania darà forza a circa 60mila imprese che soffrono da tre mesi e che danno lavoro a oltre 200mila persone. Grazie anche al lavoro e alla disponibilità di De Luca, siamo fiduciosi sul rilancio di questo settore, garantendo ovviamente l'applicazione delle regole anti Covid. È giusto che anche ristoranti, bar e locali legati al food abbiano le stesse opportunità di altre attività commerciali».


GLI IMPRENDITORI
La pazienza è tutt'altro che ai massimi livelli nelle chat interne dei ristoratori. Fino al 31 gennaio si aspetteranno le decisioni delle istituzioni come è emerso anche nel corso di maxi-riunioni dei pubblici esercenti di Napoli e Provincia nei giorni scorsi , ma da febbraio si partirà con una richiesta precisa di continuità del lavoro indipendente dall'Rt, modulabile in due alternative: tenere i locali aperti per tutta la settimana fino alle 18. Oppure abbassare le saracinesche nei weekend ma restare aperti anche di sera da lunedì a venerdì. Senza risposte, non si escludono nuove proteste. I numeri flop di queste ore, infatti, hanno a che fare con la limitazione di orario: «Gli incassi di questa due giorni sono acqua che non toglie sete racconta Antonio Viola di Mammina e Fiepet la riapertura è importante, ma siamo lontani anni luce dagli incassi normali. Il 70 per cento del fatturato si fa a cena. Non siamo rientrati nemmeno nei costi. Abbiamo chiuso in rosso. Per il futuro occorre una zona verde, che ci lasci aperti anche di sera. Le istituzioni dovranno muoversi in direzione di questo nuovo colore». «Siamo vicini a un calo dell'80 per cento delle presenze anche al Vomero dice Giuseppe Vesi, storico pizzaiolo Lì stiamo lavorando col delivery che però ci strozza, perché la consegne trattengono il 40 per cento degli incassi». «Incassi crollati dell'80% - aggiunge Roberto De Rosa del locale Fonoteca in via Morghen - Non siamo rientrati nemmeno nelle spese della riapertura. Così non si può andare avanti. E questo si aggiunge al dramma delle chiusure pre-natalizie, che per noi erano giorni essenziali».

© RIPRODUZIONE RISERVATA