Crisi da Covid, l'allarme del procuratore di Napoli: «Così si infiltrano i clan»

Crisi da Covid, l'allarme del procuratore di Napoli: «Così si infiltrano i clan»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 12 Marzo 2021, 08:30 - Ultimo agg. 11:02
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Un mondo delle imprese largamente permeato da reti di fiduciari mafiosi, ora più che mai esposto ad essere assorbito nei circuiti del riciclaggio, della frode e dell'evasione fiscale. Terreno complesso, che spinge la Procura di Napoli ad approfondire il grido di dolore lanciato sulle colonne del Mattino da Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti, all'indomani di un incontro romano con le istituzioni governative, a proposito dell'urgenza dei ristori (o tamponi) per le aziende in crisi. Una realtà che spinge gli inquirenti a convocare Vincenzo Schiavo, anche alla luce dell'intervista resa pochi giorni fa al Mattino, dal leader Confesercenti. Ricordate l'analisi di Schiavo? Ha fatto esplicito riferimento allo stato di circa 30mila aziende a Napoli, in condizioni di sofferenza nei rapporti con le banche». Un allarme considerato dagli inquirenti napoletani «largamente realistico». E ci sono alcuni indicatori poco incoraggianti: mancanza di crediti, liquidità zero, scarse garanzie per il futuro. Dati freddi, che vanno riletti sempre e comunque tastando il polso dei diretti interessati, alla luce di quanto dichiarato da Schiavo nell'intervista resa pochi giorni fa a Paolo Barbuto: «Se non ci saranno interventi - ha spiegato - ognuna di queste 30mila aziende rischia di diventare preda della malavita, che sa come mettere le mani su chi è in difficoltà per mandarlo via e prendersi ciò che ha costruito». Ed è un tema sul quale il procuratore di Napoli Gianni Melillo si è speso anche nel pieno della primissima fase del lockdown, con un intervento dello scorso aprile condiviso con il procuratore di Milano Francesco Greco (su La Repubblica), a proposito del rischio per la conversione del decreto crediti e liquidità, segnalando così la possibilità che molte imprese vengano ingoiate nei circuiti mafiosi.

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Ma torniamo al dato napoletano, al rischio infiltrazione nelle decine di migliaia di aziende napoletane. «Le organizzazioni criminali non disdegnano alcuna occasione di arricchimento, come avvenuto per il reddito di cittadinanza», è la sintesi del ragionamento fatto dal procuratore durante un incontro informale con la stampa.

E basta una riflessione sul fenomeno del racket. Sono in calo le estorsioni? Meno pizzo per le imprese cittadine? Non sono segnali da declinare necessariamente in positivo.

È un dato di fatto che le estorsioni possono calare anche per un due motivi che non possono essere ignorati: per mancanza di denunce; ma anche perché i metodi estorsivi tradizionali stanno lasciando il passo all'acquisizione diretta di attività commerciali. Ora più di un anno fa, ora più di quanto avvenuto in un recente passato, alla luce del trend che rischia di essere favorito proprio dalla crisi di tante aziende. Target investigativo numero uno, ormai è chiaro, è la borghesia mafiosa, o comunque, il ruolo di professionisti in grado di ripulire i proventi del denaro sporco. 

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Stesso discorso per quanto riguarda l'usura, altro fenomeno criminale che sta cambiando pelle, sempre alla luce di una trasformazione che richiede l'intervento del mondo delle professioni: piuttosto che taglieggiare e strozzare, si punta a inserire prestanome nelle compagini societarie della singola impresa.

Niente denunce, difficile tracciare il travaso dei capitali sporchi. È accaduto di recente nella zona di Vasto-Arenaccia, dove decine di imprenditori hanno subìto il giogo dei Bosti-Contini (inchiesta del pm Ida Teresi), ma anche in altre zone cittadine.

E sono due i cartelli che - almeno nella zona di Napoli - si stanno confrontando sull'aggressione all'economia pulita: l'alleanza di Secondigliano e i Mazzarella, due clan che disposti anche a mettere da parte odi atavici e sangue fresco, pur di confermare le proprie zone di influenza. 

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