Dal Faito fino al mare, lo scandalo dell’acqua che nessuno raccoglie

Dal Faito fino al mare, lo scandalo dell’acqua che nessuno raccoglie
di Fiorangela d’Amora
Sabato 17 Settembre 2022, 23:52 - Ultimo agg. 18 Settembre, 19:46
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Dieci litri al secondo di acqua potabile, offerti dal Comune di Castellammare già nel 2009 per la crisi idrica nazionale, oggi tra le priorità dell’agenda nazionale. Quando nel 2006 le crepe in due edifici a ridosso dell’Acqua della Madonna aprirono un’emergenza abitativa, fu riportata in auge anche l’esistenza di “una delle sorgive di acqua potabile in prossimità del mare”. Si trattava della Visanola che dalla falda del Monte Faito attraversa il sottosuolo stabiese tra Piazza Fontana Grande e Via Brin. 

Un tempo utilizzata per alimentare antichi lavatoi, nei tempi moderni ricordata solo per lo sfratto di 15 famiglie e l’abbattimento di un palazzo. Della potenza di quell’acqua si erano resi conto amministratori e tecnici, quel pozzo nell’androne dell’edificio di Via Visanola,2 poteva essere una ricchezza nazionale, ma un pericolo per chi ci viveva sopra.

Oggi quel palazzo non è stato ricostruito, sono rientrati in casa solo i residenti di via Brin 29 e l’acqua da quel pozzo continua a scorrere senza nessun utilizzo.  «E’ inaccettabile lo spreco di un bene pubblico di tale valore, soprattutto nella fase di siccità che si sta verificando in tutto il territorio nazionale». Scrive così nel 2009 il sindaco stabiese Salvatore Vozza all’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso «la sorgente continua a sversare in mare” fatto comune al ciclo delle acque, meno la mancata captazione per un possibile riutillizzo. A quell’invito nessuno rispose, la Regione non intendeva salvaguardare la sorgente, a loro dire non minerale e quindi non doveva essere inserita nel patrimonio sorgivo regionale. Eppure il Comune fece la sua parte fino in fondo assegnando nuove analisi proprio sulla Visanola per accertarne la qualità e il possibile utilizzo. 

Fu l’Università Federico II nel marzo del 2010 a consegnare una relazione sulle caratteristiche idrogeologiche, chimiche microbiologiche della sorgente di via Visanola,2. Sapore acidulo, portata di 10 l/s, temperatura dell’acqua di 12,5 e la certezza che alla pari della vicina fonte di Fontana Grande, si possa considerare come acqua minerale. Certo come scrivono gli stessi studiosi, andrebbe rivisto il percorso, eliminati possibili perdite da fogne e fecali vicine che in piccole quantità finiscono in quelle acque però impetuose e limpide. Il silenzio è durato 12 anni, e sono i cittadini, organizzati in comitati per il recupero e riutilizzo delle acque a riportare negli ultimi mesi l’attenzione su quel bene. Come una storia che ricomincia ma che troppo spesso dimentica quanto già fatto. Succede per la Visanola e succede per il Parco delle acque stabiane, che attualmente ha appena due fonti aperte. L’acqua San Giacomo, ristrutturata durante l’amministrazione Cimmino, e Fontana Grande in forte stato di degrado, sono le uniche fonti da cui la città può dissetarsi. Chiusa e nascosta da rovi e detriti la fonte del Muraglione, ripulita parzialmente tra il 2005 e 2010 ma finita poi nel dimenticatoio. Chiusi i rubinetti della più nota acqua Acidula, oggetto di lavori alle tubature durati un anno dopo la determina del marzo 2021 dell’ex amministrazione per la presenza di nichel, riaperta ad inizio anno e richiusa ( con la stessa determina del 2021) in estate proprio come l’Acqua della Madonna. Quest’ultima finisce ancora sulle tavole nonostante i divieti, visto che qualcuno ha pensato di spostare le transenne ed eliminare qualsiasi avviso. Poi ci sono le acque “mediche” presenti nelle Antiche Terme, gruppo Vanacore e Stabiano al centro di uno studio di oltre 300 pagine dell’Università Federico II, per la tutela e valorizzazione. 

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Un documento realizzato e protocollato nel 2010, unico dell’ultimo decennio, coordinato dal professore del Dipartimento di Chimica dell’Università napoletana Giovanni Talarico. «Era bello quello studio - ricorda il docente universitario - ne avrebbero potuto usufruire gratuitamente le am ministrazioni e invece ne ho perso le speranze. Provai ad incontrare personalmente i sindaci spiegando l’utilità di quel lavoro». Sei dipartimenti della Federico II avevano studiato un sistema automatizzato che avrebbe permesso di conoscere in tempo reale lo stato di salute delle acque. «Dodici anni fa si parlava già di un sistema che avrebbe permesso di essere collegati con gli enti certificatori, si pensava di realizzare un museo delle acque nelle Antiche Terme e di come riutilizzare le fonti nelle Nuove con un sistema di tiraggio moderno con particolare attenzione al risparmio e al recupero di fonti energetiche rinnovabili». Castellammare raccoglie in un chilometro e mezzo circa oltre venti sorgenti, grazie alla disposizione geologica e chimica, la presenza del mare e dei monti, creando percorsi unici delle acque, «nessuno ne capisce la preziosità e ne ha la più pallida idea - conclude Talarico - e così siamo morti nell’immobilismo totale». Unire le acque nell’indotto turistico era il sogno, nemmeno così originale, che si è cavalcato nell’ultimo ventennio, ancora nessun’amministrazione è riuscita dove gli altri hanno fallito.

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