Donna ucraina uccisa a Napoli, figlia salvata dall'amica russa

Donna ucraina uccisa a Napoli, figlia salvata dall'amica russa
Mercoledì 23 Marzo 2022, 14:30 - Ultimo agg. 14:32
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«Salva mia mamma, mi diceva, io le chiedevo nella sua lingua, perché parlo anche ucraino, “che cosa sta succedendo?” e lei continuava più volte a urlare: corri, corri, salva mia mamma»: è raccapricciante la testimonianza di Oleva Donchack, la donna russa che lo scorso 10 marzo a Napoli, ha salvato dalle fiamme la figlia di 5 anni di Anastasiia Bondarenko, la giovane ucraina di 22 anni trovata carbonizzata nell'appartamento di vico San Antonio Abate 21 dove abitavano. La piccola, ignara del fatto che proprio il compagno della mamma era l'assassino, si è più volte aggrappata alla mano del 26enne Dmytro Trembach, anch'egli ucraino e descritto come una persona dedita all'alcol e particolarmente geloso. 

Adesso, quell'uomo, è in carcere con l'accusa di avere appiccato volontariamente le fiamme proprio per uccidere Anastasiia, sorpresa dal rogo mentre si stava facendo la doccia, troppo tardi per scampare alla morte. La bimba ha anche cercato di bloccarlo ma lui, invece, ha tirato dritto per la sua strada, senza guardarsi indietro, lasciando l'abitazione, la sua compagna e la bimba, preda delle fiamme. Non a caso Dmytro è stato definito dal padre dotato di «un carattere freddo, superficiale e menefreghista». A incastrarlo, inequivocabilmente, sono i messaggi e le telefonate alla madre della vittima (nelle quali ha affermato: «Io ho bruciato Anastasiia») e anche le parole della bimba, la quale ha confermato la presenza di Dmytro in casa poco prima del rogo.

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Il 26enne, è stato sottoposto a fermo, lo scorso 17 marzo, dai carabinieri che lo hanno rintracciato ad Acerra  mentre era a bordo di una Fiat 500. Ha cercato di sviare le indagini indirizzandole su un connazionale, ha dichiarato che nell'appartamento in cui si è avvenuta la tragedia lui non c'era, ma la bimba e le celle dei ripetitori a cui si è agganciato il suo telefono lo smentiscono. Ha anche negato la relazione con la vittima.

E anche queste parole sono state smentite dai testimoni e, soprattutto, dalle foto trovate sul suo cellulare. 

 

L'incendio inizialmente è sembrato innescato da una presa elettrica multipla trovata dietro il frigo. Poi però, è stato ritenuto riconducibile dagli inquirenti a mensole e cassetti recuperati da un altro vano della casa e appositamente sistemati dietro il frigo dove poi l'uomo ha appiccato le fiamme utilizzando un tappetino imbevuto di liquido infiammabile. Nel corso dell'udienza di convalida, celebrata on-line lunedì scorso, davanti al gip di Nola Sebastiano Napolitano, la difesa dell'indagato non ha sollevato alcuna eccezione riguardo le contestazioni esposte dai pubblici ministeri della sezione Fasce Deboli di Napoli, coordinata dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone, e neppure si è opposta alla convalida dell'arresto.

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