Nei drogashop delle donne a Ercolano
a vendere stupefacenti erano i bambini

Nei drogashop delle donne a Ercolano a vendere stupefacenti erano i bambini
di Carla Cataldo
Mercoledì 12 Gennaio 2022, 10:26 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 08:37
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Bambini e adolescenti usati come copertura per l'affare droga e donne alla guida delle piazze di spaccio. Sono i risvolti emersi dall'ultima inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale Antimafia a Ercolano. Un'indagine che all'alba di ieri ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare a carico di 11 persone, tutte indagate per il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Otto sospettati sono finiti in carcere, per altri tre è invece scattato il divieto di dimora in Campania. In cella sono finiti, tra gli altri, Veronica e Vincenzo Cefariello, rispettivamente sorella e fratello di Marco, boss del clan Birra e oggi collaboratore di giustizia. In carcere anche Gennaro De Felice, marito di Veronica Cefariello, Antonio De Felice, Rossella Abruzzo e il marito Gennaro Di Matola oltre a Michela Ghiotto e Pasquale Imperato. Divieto di dimora, invece, per Giuseppina Brisciano, madre di Gennaro De Felice, Ermelinda Cocozza e Tommaso Nocerino.

L'indagine è stata avviata il 9 agosto del 2017, in seguito all'esplosione di quattro colpi d'arma da fuoco, a scopo intimidatorio, all'indirizzo dell'abitazione di Vincenzo Cefariello in via Pugliano. Una stesa messa a segno per intimidire il fratello del collaboratore di giustizia.

Da quell'attività investigativa, condotta dai carabinieri di Ercolano e Torre del Greco, è nata l'indagine che ha portato alla luce l'enorme affare dello spaccio gestito, sostengono gli inquirenti, proprio dalla famiglia Cefariello.


Il sistema scoperto dai carabinieri era stato studiato nei minimi dettagli. Vincenzo Cefariello si sarebbe occupato di finanziare l'acquisto della sostanza stupefacente destinata alla piazza di spaccio di vico San Giulio, angusta stradina del centro storico della città degli Scavi. Ogni mattina, come è emerso dalle indagini, alla base operativa del gruppo arrivava un panetto di hashish che veniva trasformato in dosi nell'abitazione di Veronica Cefariello. Circa 100 dosi al giorno. Nella casa ne restavano circa 10 e all'esigenza la piazza veniva rifornita. Cefariello faceva un segnale, uno squillo di cellulare e la droga tagliata la mattina arrivava. Attorno alla palazzina un vorticoso via vai di tossicodipendenti che facevano passare le banconote attraverso un cancello per ricevere in cambio le dosi di hashish. Durante uno dei vari controlli, il 28 novembre 2017, i militari dell'Arma avendo la certezza che Di Matola stava andando via portando con sè le dosi da conservare per la giornata tentarono di entrare in azione per fermare l'uomo che nascondeva la droga sotto la pancia di un gatto. I carabinieri riuscirono nel loro intento ma furono aggrediti da diverse persone del posto che volevano dare una mano all'uomo a fuggire, gettando la sostanza stupefacente.

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Dalle indagini è anche emerso che Cefariello si sarebbe rifornito di droga prima in città, attraverso Tommaso Nocerino, gestore di un ingrosso di bibite a Ercolano, ai danni del quale nel settembre 2020 fu fatto esplodere un ordigno artigianale. Per evitare i sospetti delle forze dell'ordine nel trasporto della droga spesso venivano utilizzati dei bambini. In una occasione uno degli indagati avrebbe usato suo figlio, neonato, per trasportare nella sua carrozzina un carico di stupefacenti appena acquistato. In un'altra circostanza, invece, uno dei clienti della piazza di spaccio avrebbe fatto ritirare lo stupefacente a suo figlio di appena quattro anni.

Un'inchiesta che ha aperto uno squarcio sull'emergenza droga a Ercolano, un dramma sul quale però hanno puntato da tempo i riflettori le forze dell'ordine e la magistratura, come sottolinea anche il sindaco Ciro Buonajuto a poche ore dal blitz. «Voglio complimentarmi con i carabinieri per l'operazione condotta. Questa importante operazione per contrastare il traffico di droga, che si affianca all'attività quotidiana, spesso silenziosa e non appariscente, ma determinante per il controllo del territorio, è un segno concreto di quanto le nostre forze dell'ordine siano impegnate per la sicurezza dei cittadini e per garantire un futuro alla nostra città. Alla magistratura e alle forze dell'odine va la gratitudine di tutti noi». A manifestare la loro gratitudine alla forze dell'ordine per l'ennesimo colpo inferto alla criminalità cittadina sono stati anche i rappresentanti dell'associazione antiracket. «Nel complimentarci per questo ennesimo risultato, frutto di dedizione, sacrificio e professionalità, rinnoviamo la gratitudine a tutti i carabinieri che in questi anni hanno accolto le istanze delle vittime di reati predatori, accompagnandole ed affiancandole in tutte le fasi successive alle denunce, permettendo di riacquistare la libertà e la dignità oppressa», scrivono in un comunicato.
 

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