Uccise due rapinatori, assolto il gioielliere di Ercolano: «Ma sono stati sette anni d'inferno»

Uccise due rapinatori, assolto il gioielliere di Ercolano: «Ma sono stati sette anni d'inferno»
di Carla Cataldo
Giovedì 27 Ottobre 2022, 11:00 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 07:16
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«Assolto perché il fatto non costituisce reato». Sette parole che in un istante spazzano via sette anni di tormenti. Giuseppe Castaldo, il gioielliere che il 7 ottobre del 2015 sparò e uccise due rapinatori a Ercolano agì per legittima difesa e quindi è innocente. Lo hanno deciso ieri sera, dopo lunghe ore di camera di consiglio, i giudici del tribunale di Napoli scrivendo forse l'ultimo capitolo di una vicenda che da quasi un decennio si trascina nelle aule dei palazzi di giustizia. Castaldo rispondeva del reato di eccesso colposo di legittima difesa per aver colpito a morte, con la sua pistola regolarmente detenuta, Luigi Tedeschi e Bruno Petrone, due rapinatori di San Giovanni a Teduccio. La prima sezione penale del Tribunale di Napoli (giudice Antonia Napolitano Tafuri) ha assolto l'imputato perché il fatto non costituisce reato. L'epilogo di un processo lungo e costellato di colpi di scena. Un processo nel corso del quale la stessa Procura di Napoli (le indagini sono state coordinate dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone e dal sostituto procuratore Ernesto Sassano) aveva chiesto l'archiviazione e, durante il dibattimento, l'assoluzione di Castaldo. 

Il fatto di sangue in una calda giornata di ottobre all'interno di una rivendita di bibite di via Alveo, a pochi passi dall'ingresso degli scavi di Ercolano.

Il gioielliere viene seguito dopo aver prelevato cinquemila euro in contanti in una banca di via IV Novembre. Giunto nel negozio davanti al quale ha parcheggiato l'auto Castaldo si trova dinanzi i due rapinatori. Sono in sella a uno scooter di grossa cilindrata con il volto coperto dal casco integrale e armati di una pistola finta, ma senza il tappo rosso: perciò che sia inoffensiva il gioielliere non può saperlo. Teme di morire, non vuole piegarsi. Quindi tira fuori la sua pistola, legalmente detenuta, e inizia a sparare, uccidendo i rapinatori. Una storia che finì al centro delle pagine di cronaca nazionale, spinta anche dall'ondata di reazioni politiche. A cominciare dalle parole di Matteo Salvini che sui social si schierò apertamente dalla parte del gioielliere. Ma la prima ricostruzione degli inquirenti Castaldo si sarebbe potuto difendere anche senza sparare: per questo venne formalizzata l'accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Un'ipotesi che per i familiari delle vittime divenne subito una verità, tanto che l'uomo è stato costretto ad allontanarsi dalla città e dalla provincia di Napoli a causa delle minacce pubbliche ricevute. 

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Le successive indagini, condotte sul campo dai carabinieri di Torre del Greco con il coordinamento dei pm Pierpaolo Filippelli e Raffaello Falcone, hanno portato all'arresto dei complici dei rapinatori uccisi. L'inchiesta ha accertato che il gruppo, composto da almeno sei persone, aveva studiato tutto nei minimi particolari, pedinando il gioielliere all'esterno della banca per poi raggiungerlo nella struttura di via Alveo per mettere a segno il colpo. Una rapina finita nel sangue costata il processo ai complici dei due rapinatori uccisi ma anche allo stesso gioielliere. La tesi dell'eccesso di legittima difesa è stata smentita in pieno dall'esito del processo penale che ha assolto l'imputato con formula piena, come richiesto dal suo avvocato Maurizio Capozzo. Assoluzione richiesta, nel corso della requisitoria, anche dall'ufficio di Procura. Alle 18 di ieri la sentenza, l'assoluzione, la fine di un incubo per quel piccolo imprenditore che ha visto la sua vita stravolta. «Finalmente la verità viene a galla, non sono un delinquente», ripete quasi in lacrime poche ore dopo la lettura del verdetto Castaldo, abbracciando il suo avvocato. Una liberazione dopo sette anni di incubi e tormenti. 

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