Faida di camorra, i killer
all'ergastolo per due omicidi

Faida di camorra, i killer all'ergastolo per due omicidi
di Dario Sautto
Venerdì 12 Luglio 2019, 09:33 - Ultimo agg. 12:34
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Due omicidi, tre ergastoli. Un estorsore del clan avversario e il fratello (innocente) di un killer ammazzati nel giro di vendette trasversali che la camorra ordina, nel solito gioco di equilibri e gestione del malaffare. E per la prima volta arriva la condanna al carcere a vita anche per il figlio del boss, Mario Ascione, un affiliato , Raffaele Suarino, e il reggente del clan Natale Dantese.

 
GLI OMICIDI
Le vittime della faida di Ercolano si chiamavano Salvatore Madonna e Giorgio Scarrone. Il primo, era un esattore dei Birra-Iacomino; il secondo era un semplice operaio che pagò con la vita soltanto perché era fratello di un killer dello stesso clan. I due omicidi arrivarono a distanza di due mesi l'uno dall'altro, in un triste inverno ercolanese. Il primo ad essere ammazzato fu Salvatore Madonna. Era il pomeriggio del 17 dicembre 2007, quando il killer (ora pentito) Salvatore Fiore arrivò in via Pugliano, sotto casa di Madonna, e lo ammazzò a sangue freddo. Ieri, i giudici della Corte d'Assise di Napoli (presidente Alfonso Barbarano) hanno condannato all'ergastolo il mandante di quell'agguato, individuato dalle minuziose indagini dei carabinieri della compagnia di Torre del Greco, coordinate dalla Dda di Napoli. Ad ordinare quell'omicidio fu Natale Dantese, uno dei pezzi da novanta del clan Ascione-Papale, già ergastolano e oggi detenuto al 41 bis. In casa sua, subito dopo l'agguato, i carabinieri trovarono una mappa, che sarebbe servita ai killer per arrivare a corso Resina per ammazzare Madonna. Poi, il commando omicida scelse di ucciderlo sotto casa, nei vicoletti di Pugliano, dunque senza utilizzare quella cartina.
Stesso destino, ma per motivi totalmente differenti, toccò anche a Giorgio Scarrone. Era l'11 febbraio del 2008. Quegli attimi immediatamente precedenti all'omicidio sono stati tristemente raccontati in alcuni frame dei filmati delle telecamere di videosorveglianza sparse tra piazza Pugliano e via IV Novembre. Uno scooter che segue un'auto, il killer «accucciato» da passeggero sulla sella con una mano nel giubbotto per nascondere la pistola. La vittima puntata, pedinata e poi trucidata a sangue freddo. Neanche due mesi dopo, sempre l'infallibile cecchino degli Ascione-Papale, Salvatore Fiore, entrò in azione in via IV Novembre. Quel freddo pomeriggio di febbraio il killer pentito uccise un operaio incensurato come Giorgio, che aveva una sola colpa: essere il fratello di Agostino Scarrone, a sua volta «bocca di fuoco» dei Birra-Iacomino. Una vendetta trasversale, resa ancora più cruenta da un dettaglio: gli assassini fecero fuoco davanti agli occhi del papà della vittima. Luigi Scarrone ha anche testimoniato in aula durante il processo, iniziato quasi quattro anni fa. «Hanno ucciso il più buono e il più bravo» disse, rispondendo al pubblico ministero Pierpaolo Filippelli.
Tra i mandanti dell'omicidio di un innocente ci sono anche Mario Ascione (figlio del boss Raffaele) e Raffaele Suarino, che parteciparono a tutte le riunioni organizzative di quell'efferato agguato, consumato contro un ragazzo che nulla aveva a che vedere con la camorra e le sue assurde dinamiche. I familiari di Scarrone saranno risarciti in separata sede: si erano costituiti parte civile.
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