Fase 2 a Napoli, ripartenza da incubo: si salvano solo estetiste e parrucchieri

Fase 2 a Napoli, ripartenza da incubo: si salvano solo estetiste e parrucchieri
di Valerio Esca
Giovedì 28 Maggio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 29 Maggio, 11:33
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Dieci giorni dopo la riapertura delle attività commerciali, gli unici ad esultare sono parrucchieri e barbieri. Tracollo nel settore dell’abbigliamento, grande ristorazione, comparto alberghiero ed extralberghiero. Da un’analisi realizzata da Confesercenti Campania, su un campione di mille attività, è emerso che a Napoli, così come nel resto della regione, a giovare delle aperture dopo due mesi di lockdown sono le categorie legate al settore della cura della persona. Parrucchieri e barbieri sono stati letteralmente presi d’assalto registrando incassi, in alcuni casi, vicini al 100 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 

Oltre a parrucchieri, barbieri ed estetisti, che stanno lavorando fino a quattordici ore consecutive al giorno, sette giorni su sette, sono in pochi a sorridere. Crollo nel settore abbigliamento e moda con una diminuzione del fatturato, rispetto a dodici mesi fa (nello stesso periodo), intorno al 90 per cento. Peggio ancora nella grande ristorazione, dove si assiste ad un calo del 97-98 per cento. In coda ci sono il settore alberghiero ed extralberghiero (b&b, case vacanze e piccole pensioni) dove la diminuzione è del 100 per cento. In questi primi dieci giorni di riapertura, anche se quattro attività su dieci hanno deciso di aspettare ancora prima di alzare le saracinesche, la domanda per il settore turistico è pari a zero: nessuna prenotazione per gli hotel, molto male l’andamento anche dei bed and breakfast, inesistente la domanda per agenzie di viaggio, guide, trasporti nel turismo e accompagnatori. Male anche bar e attività similari, dove l’incasso medio giornaliero (intorno ai 300 euro) è molto distante dalle cifre di dodici mesi, con un meno 70 per cento, con un orario che va dalle 9 alle 23. Piccoli ristoranti, trattorie e pizzerie, registrano un meno 60-70 per cento dal lunedì al venerdì, meglio nei weekend, dove le perdite si aggirano intorno al 40-50 per cento. 

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Più fortunati i locali delle zone turistiche e storiche di Napoli, come il Lungomare, dove il crollo è sicuramente più contenuto. Secondo Confesercenti tengono botta quelle pizzerie e locali (gelaterie e pub), che hanno circoscritto esclusivamente al delivery e al take away la loro produzione. Rispetto al 2019 c’è stato invece un incremento per tutte le attività come supermercati, salumerie, macellerie, che registrano un trend in aumento, che va dal 20 al 32 per cento. «Le imprese sanno che stanno facendo un salto nel vuoto, e che non c’è mercato - sottolinea Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania - In più il reddito pro capite della Regione Campania è molto più povero di quello che abbiamo lasciato prima dell’emergenza: rispetto a 12 mesi fa si è impoverito del 25 per cento. I dati dunque non ci sorprendono, le difficoltà riguardano quasi tutte le categorie tranne le attività che sono rimaste aperte anche nel corso del lockdown e quelle che stanno avendo buone risposte dopo la riapertura. Ci preme però sottolineare l’assoluta crisi della filiera del turismo, degli alberghi, dei grandi ristoranti e del wedding: c’è il concreto rischio di chiusure definitive delle attività se non ci sarà un sostegno ulteriore». 
 


Secondo Confesercenti si starebbe inoltre registrando un rincaro sui detersivi della casa, in media più costosi del 50-60 per cento rispetto al 2019. Un esempio su tutti: l’alcol da 700ml aveva dodici mesi fa un costo medio, che oscillava tra 1,50 euro e 1,80 euro, mentre adesso si arriva finanche a sei euro a bottiglia. «È un rincaro altissimo, dovuto alle case produttrici e non ai negozianti» spiegano da Confesercenti. Un altro capitolo è quello relativo alla richiesta di credito. Secondo i dati raccolti da Confesercenti Campania, la richiesta di finanziamenti sul territorio regionale è di 383.000 aperture di pratiche per la somma di 25.000 euro. Il 46 per cento (176.000 attività) ha ricevuto un diniego, il 16 per cento (61.000) ha avuto la conferma del finanziamento e solo la metà di essi ha ricevuto la liquidità. Infine il 38 per cento (circa 146.000 imprese) è ancora in attesa di ricevere l’esito dalla propria banca. 

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Secondo il sondaggio di Confesercenti, svolto contestualmente allo studio dei dati, soltanto il 26 per cento dei titolari di attività si dice soddisfatto dell’andamento post lockdown. La metà sono parrucchieri, estetisti e barbieri; mentre dall’altro lato c’è il partito degli insoddisfatti (15 ed 8 per cento) tra cui ristoratori e albergatori. «Sicuramente non può andare male in questi giorni visto il boom di richieste – racconta Alessandro Lo Monaco, barbiere e titolare dell’attività Zio Frank – Per capire l’andamento reale bisognerà però aspettare un mese e mezzo». Giuseppe Cerella, parrucchiere e presidente provinciale Claai, conferma il trend positivo: «Le nostre clienti sono molto soddisfatte e hanno grande fiducia in noi, visti i protocolli di sicurezza adottati. Certo non si potrà mai recuperare quanto perso con due mesi di chiusura, ma i dati attuali sono confortanti». «C’è stato un calo dovuto soprattutto all’assenza totale di turisti» rimarca Fabrizio Albini, del ristorante Donna Romita, del centro storico di Napoli. «Le distanze ci hanno fatto perdere la metà dei coperti, ma ciò che manca è la tranquillità dei clienti, in molti hanno ancora paura e per strada c’è troppa gente senza mascherina». Al collasso alcuni bar: «Abbiamo perso il 70 per cento degli incassi» tuona Enzo Cavallo del Bahia caffè di Bagnoli. Dal mondo dell’abbigliamento, Luigi Grimaldi, sartoria in via Enrico Toti, traversa di via Toledo, ammette: «Stavamo meglio a casa.
In giro c’è pochissima gente e registriamo un segno meno del 70-80 per cento».

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