Divieto di dimora nel comune di Napoli e obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono queste le misure cautelare inflitte a Francesco Di Stasio e a sua moglie, Rosaria Lamagna, indagati per il reato di violenza privata aggravata dal metodo mafioso. Una vicenda, quella ricostruita dalle indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di Napoli, che merita di essere raccontata dal principio e che, ancora una volta, evidenzia la prepotenza degli appartenenti alla criminalità organizzata.
Una storia che ruota intorno ad un'abitazione del quartiere Fuorigrotta che, un tempo, era appartenuta ai familiari di Marzio Sepe, famigerato boss del cartello che tra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90 si contrappose alle bande di Raffaele Cutolo.
Qualche giorno dopo, quando finalmente sono riusciti a entrare nella casa assegnata, i due coniugi ricevono una visita inaspettata. Al loro cospetto, infatti, si presenta ancora la Lamagna, accompagnata da tre uomini. La conversazione dura solo pochi istanti perché il messaggio che il quartetto deve riferire è più che chiaro. In quella casa non devono venirci ad abitare perché è della camorra. Una discussione cui, come riferito dalle vittime in sede di denuncia, avrebbe preso parte anche Di Stasio che, anzi, già in un'altra occasione li aveva invitati a rinunciare all'assegnazione per evitare che ci fossero tarantelle tutti i giorni. Esasperati dalle continue vessazioni subite, che non si sono fermate nemmeno a seguito degli interventi delle forze dell'ordine, la coppia di assegnatari ha deciso di sporgere denuncia ai carabinieri. È così che, grazie al loro coraggio, i militari dell'Arma, con una minuziosa attività investigativa, sono riusciti a ricostruire l'intero accaduto. Attività nel corso della quale si è scoperto che la Lamagna altri non è che la sorella della compagna di Marzio Sepe e che, pertanto, riteneva che l'abitazione, nonostante fosse stata confiscata, fosse ancora di proprietà della famiglia. Ieri mattina, quindi, l'esecuzione della misura cautelare nei confronti dei due indagati costretti a lasciare il territorio di Napoli e a traslocare altrove.
Una storia, però, che non ha avuto un epilogo felice perché la coppia di assegnatari, dopo aver presentato denuncia, ha deciso di rinunciare all'abitazione. Nonostante il coraggio di non piegarsi alla camorra e di chiedere l'intervento delle forze dell'ordine, alla fine, il timore di altre vessazioni ha avuto la meglio. Fortunatamente per loro, però, l'amministrazione comunale ha provveduto già ad assegnare un nuovo alloggio. Una storia che, ancora una volta, riporta l'attenzione su un annoso problema, quello dei beni confiscati ma che, di fatto, restano ancora sotto il controllo della criminalità organizzata. Un problema più volte emerso nel corso degli anni e che, nonostante gli interventi in materia, sembra ancora lontano dall'essere risolto.