«Il carabiniere Gerardo D'Arminio ucciso dai Moccia su ordine della mafia»

«Il carabiniere Gerardo D'Arminio ucciso dai Moccia su ordine della mafia»
di Marco Di Caterino
Venerdì 8 Gennaio 2021, 10:00
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Quarantacinque anni fa veniva ucciso, nella piazza principale di Afragola, il maresciallo dei carabinieri Gerardo D'Arminio. Era il 5 gennaio del 1976 e il sottufficiale stringeva la mano del figlio di appena cinque anni, felice di stare con il papà che finalmente si era deciso, per la Befana, a comprare la sua prima bicicletta. Fu una Epifania di sangue. Oggi su quell'atroce delitto, sul quale la camorra ha imposto l'oblio ad Afragola, arriva un colpo di scena clamoroso: la morte del maresciallo fu decisa dalla mafia siciliana. A indicare questa nuova pista è il presidio di Libera AfragolaCasoria, intitolato proprio al maresciallo D'Arminio, medaglia d'argento al valor militare alla memoria, che prima di essere trasferito a Napoli aveva prestato servizio per quattro anni a Palermo alle dipendenze del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa: qui, insieme ad altri quattro colleghi, tutti poi uccisi in servizio, aveva fatto sentire il fiato sul collo a personaggi come Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, all'epoca latitanti. Tanto che a Napoli custodiva ancora nel suo portafogli le foto segnaletiche dei due mammasantissima della mafia, arrivando a scoprire i primi legami della mortifera Trimurti composta da mafia, ndragheta e camorra. 

Per il delitto Arminio fu arrestato e condannato Vincenzo Moccia, figlio di Anna Mazza, la prima donna in Italia ad essere accusata di reati di mafia. «Ma dalle carte che abbiamo potuto visionare racconta Maria Saccardo, responsabile del presidio di Libera emerge la certezza che l'ordine di uccidere il maresciallo fu deciso in Sicilia ed eseguito da Vincenzo Moccia, all'epoca minorenne.

Prove che ora sono al vaglio degli inquirenti». Dunque non si trattò di un delitto di una testa calda che aveva agito con impeto e senza premeditazione, come fu sostenuto dalla difesa di Vincenzo Moccia all'epoca del processo, ma di un omicidio premeditato, che aveva lo scopo di bloccare le indagini sulle alleanze tra camorra, mafia e ndrangheta che stavano mettendo in essere un colossale traffico di droga. E anche sull'esecutore materiale dell'uccisione di questo servitore dello Stato, le dichiarazioni di un pentito eccellente, Pasquale Scotti, capo delle famigerate batterie di fuoco di Raffaele Cutolo, arrestato in Brasile dopo 31 anni di latitanza, hanno di recete sollevato qualche dubbio, avvalorando in qualche modo la nuova pista sui mandanti. Scotti dichiara che ad eseguire la sentenza di morte, non fu Vincenzo Moccia, ma uno dei fratelli. Dell'omicidio si autoaccusò Vincenzo, che era minorenne e che per questo si aspettava una pena lieve. 

La manifestazione per ricordare il 45esimo anniversario della caduta sul campo del maresciallo D'Arminio sono state rinviate per le misure anticovid. «Ma a Montecorvino Rovella, dove era nato il maresciallo - dice Maria Saccardo - è stata appena intitolata alla vittima la piazza principale del paese, dove verrà installato un monumento con il busto del carabiniere il cui calco è già stato realizzato dagli alunni del liceo artistico di Cardito». Gli stessi studenti che hanno realizzato il busto collocato non senza difficoltà nella stessa piazza dove Arminio fu ucciso. «E anche se la città di Afragola è sempre scandalosamente assente alle commemorazioni - conclude Saccardo - non appena le condizioni lo consentiranno, ricorderemo in piazza il sacrificio e l'eroismo quotidiano della vittima. Glielo dobbiamo, ora più che mai». 

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