Ha chiesto una condanna a sei anni e quattro mesi a carico del giudice napoletano Alberto Capuano. Due giorni fa, dinanzi al Tribunale di Roma, il pm della Procura capitolina ha chiesto di condannare il magistrato finito al centro di una inchiesta su una presunta trama corruttiva. Al termine della sua requisitoria, il pm ha chiesto la condanna a sei anni e quattro mesi per le cinque ipotesi di corruzione in atti giudiziari e per una ipotesi di simulazione di reato (la denuncia di furto di un telefonino cellulare), con il riconoscimento delle attenuanti generiche; chiesti sei anni per l’ex consugliere della municipalità Antonio Di Dio, 5 anni per gli altri due imputati Cassini e Liccardo. Non si tratta di pene altissime, al di là dell’effetto che può suscitare una richiesta di carcere a carico di un magistrato, se si pensa che a carico di Alberto Capuano erano contestate ben cinque ipotesi di corruzione in atti giudiziari. Una vicenda che risale alla seconda parte del 2019, nel periodo di tempo in cui Capuano era giudice penale della sezione del Tribunale di Ischia. Intercettazioni telefoniche grazie a un trojan, che avrebbe svelato - secondo la ricostruzione dell’accusa - un presunto sistema in grado di condizionare lo svolgimento dei processi, grazie al contatto di giudici e presidenti di sezione.
Una versione che è stata duramente contrastata dalla difesa del magistrato napoletano, a partire da un dato di fatto: il processo nel quale ci sarebbe stato - sempre secondo l’accusa - il tentativo di condizionamento del fascicolo si concluse con la condanna degli imputati.