«Io, tabaccaio rapinato 12 volte:
​non terrò mai un'arma con me»

«Io, tabaccaio rapinato 12 volte: non terrò mai un'arma con me»
di Marco Di Caterino
Venerdì 18 Gennaio 2019, 08:33 - Ultimo agg. 09:43
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Afragola. Matteo Salvini, ministro dell'Interno e Maurizio Invigorito, titolare di un bar tabacchi ad Afragola. Un politico e un imprenditore, due diversi modi di pensare. Salvini, che ha tra i suoi compiti primari quello di garantire la sicurezza; Invigorito, rapinato per ben dodici volte in tre anni, con una perdita economica di 150mila euro. Ministro e tabaccaio sono due pianeti contro, che oggi si ritroveranno faccia a faccia.

Salvini spinge per una legge sulla legittima difesa, che consentirebbe di sparare a chi ti entra in casa o nel negozio. Il secondo, che pure trascorre le notti nel suo bar, ma solo per spaventare i ladri con le luci accese, nonostante tutto ciò che ha subito resta fermo nel suo principio. «Non voglio pistole, voglio solo che lo Stato mi tuteli. Le armi stanno bene dove stanno, in mano alle forze dell'ordine. Nelle mani di altri portano solo guai, rischiano di trasformarci in una accozzaglia di possibili assassini. Sono un imprenditore, ho una responsabilità verso quindici dipendenti, tutti tutelati e dichiarati. Pago le tasse. Non sono un marziano e nemmeno un eroe. Credo di fare semplicemente il mio dovere rispettando le regole. Il diritto alla sicurezza di tutti i cittadini spetta allo Stato, e non ad una calibro nove pronta a sparare nel cuore della notte a tutte le ombre». Più chiaro di così.
 
Due poli opposti, ma non ci sarà un corto circuito. Salvini e Invigorito si incontreranno oggi pomeriggio ad Afragola, dove il ministro verrà a fare un punto della situazione dopo la incredibile e terrificante serie di attentati esplosivi ai danni di negozi e attività commerciali. Il responsabile del Viminale incontrerà insieme a Pina Castiello, afragolese, esponente di Noi con Salvini e sottosegretario al Sud, prima il sindaco Claudio Grillo, poi Invigorito. Il ministro concluderà il breve tour nel commissariato di Afragola per incoraggiare dirigente e agenti in servizio in un ufficio di polizia ubicato al centro del Rione Salicelle, posto difficile e complicato, in mano ai clan e dove ieri c'è stata una nuova operazione ad Alto Impatto di polizia e carabinieri, con arresti e sequestro di soldi, droga e armi.

Maurizio Invigorito, che non lascia trasparire emozioni per l'incontro con il ministro, sorprende quando gli chiedi cosa dirà a Salvini. «Gli dirò subito che mi sento onorato perché un ministro dello Stato (non cita il nome, ndr) viene ad incontrarmi. Poi, cosa gli dirò è presto detto. Le persone perbene in queste zone sono quelle che subiscono di più. Chiederò al signor ministro di fare in modo che con la presenza più assidua delle forze dell'ordine sul nostro territorio e un maggior impulso alla prevenzione, venga finalmente percepito quel senso di sicurezza e tutela che non sia frutto solo di altri provvedimenti, come quello di mettere le armi in mano a chi non le ha mai impugnate». Poi, Invigorito assicura l'impegno ad andare avanti. «Prometterò al ministro che, nonostante tutto quello che abbiamo subito, non chiuderò la mia attività, come ho sentito che vogliono fare altri negozianti vittime del racket. Spetta alle persone perbene, con i loro comportamenti, fare da argine all'illegalità. È un dovere. Come è un dovere dello Stato garantire la sicurezza, con più uomini e con una presenza più assidua».

Nessuna polemica dunque, ma solo garbate e legittime richieste da parte di un imprenditore che non ha intenzione di scappare. Lo svolazzo di una coda forse nemmeno polemica, ma amara, c'è. «In venti giorni conclude Invigorito il cuore della mia città ha subito l'affronto di una sfida della camorra insostenibile e nessuno, a parte i giornali, ne ha parlato. È bastato che un episodio simile accadesse a Napoli, e si è mobilitato mezzo mondo. Non voglio essere frainteso e, se sbaglio, chiedo scusa. Ma senza la bomba a Sorbillo, al quale va la mia solidarietà, forse il ministro Afragola non l'avrebbe mai vista».

Una vita in trincea, quella di Maurizio e dei suoi quindici dipendenti, vittime di ben dodici rapine in tre anni, l'ultima il mese scorso, che ha avuto anche un risvolto molto polemico tra lo stesso imprenditore e un sindacato di polizia. Il nipote di Invigorito, che era nella sala bunker del locale, dai monitor di sorveglianza si accorse della rapina e in tempo reale chiamò il 113. Gli agenti arrivarono dopo più di un'ora, un ritardo documentato dall'orologio della videocamera, che di fatto smentì la difesa d'ufficio di un sindacato di polizia che in una nota aveva affermato che gli agenti erano giunti appena dopo pochi minuti. Appunto. La sicurezza percepita, come l'isola che non c'è.
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