«Scuola negata per anni e oggi mio figlio Antonio è analfabeta»

Il provveditorato regionale agli studi della Campania
Il provveditorato regionale agli studi della Campania
di Maria Chiara Aulisio
Giovedì 18 Ottobre 2018, 08:20 - Ultimo agg. 09:40
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Antonio ha appena compiuto 10 anni, è un bimbo disabile, frequenta l'istituto comprensivo «Novaro Cavour», in via Nicolardi, ma ancora non sa leggere e scrivere benché sia in quarta elementare. All'età di tre mesi il piccolo, con la madre, è rimasto coinvolto in un incidente stradale che gli ha provocato - per effetto del contraccolpo traumatico - tre lesioni al tessuto cerebrale. Da quel giorno il suo cervello non lavora più come dovrebbe e nell'area interessata alcune funzioni sono rimaste parzialmente compromesse. «Un ritardo mentale che però non gli impedisce di capire e di parlare - spiega mamma Giovanna, una ragazza madre completamente dedicata al recupero del figlio - purtroppo non ha mai potuto frequentare la scuola come avrebbe dovuto e, dunque, mai riuscirà a stare al passo con gli altri».

Il problema è sempre lo stesso e, con Antonio, riguarda decine e decine di studenti disabili costretti a rinunciare al diritto all'istruzione perché mancano gli insegnanti di sostegno. Antonio va a scuola solo due ore al giorno, dalle 9 alle 11, poi la mamma deve andare a prenderlo e portarlo via perché, senza sostegno, in classe non ci può stare. «È un peccato - prosegue Giovanna - mio figlio ha una gran voglia di imparare e sarebbe ben felice di seguire le lezioni fino alla fine come tutti i suoi compagni. E invece in quarta elementare ancora non legge e non scrive».
 
La denuncia è arrivata sulla scrivania di Toni Nocchetti, presidente dell'associazione «Tutti a scuola onlus» che nel corso degli anni ha intrapreso tante sfide per garantire un supporto costante ai disabili e alle loro famiglie.

«Senza esagerare posso assicurarvi che almeno uno studente disabile su tre, benché siamo alla metà di ottobre, è ancora a casa - spiega Nocchetti - In alcuni casi riescono a stare in classe solo un paio d'ore. È chiaro che dipende dalle singole scuole e da quante ore viene garantito il sostegno. Se l'insegnante finisce il suo turno alle 10, i genitori sono costretti ad andare a prendere il ragazzo e portarlo via. A soffrirne - aggiunge - come al solito sono sempre gli studenti più fragili, quelli per cui la scuola non è solo l'occasione per allargare le proprie conoscenze, ma l'unica possibilità di condividere con i coetanei alcuni spazi della propria lunga giornata».

Tra questi c'è il piccolo Antonio: due ore di istruzione al giorno e basta così. «Per le prime settimane, a scuola, non ci è proprio andato - racconta la mamma - poi ho inoltrato una denuncia all'ufficio scolastico regionale e finalmente lo hanno inserito in una classe con un sostegno di massimo due ore al giorno».

Nessuna risposta dal capo di istituto della «Novaro Cavour» nonostante le numerose telefonate in segreteria per cercare di saperne di più sulla storia del piccolo Antonio. Una vicenda comune a molte altre: niente sostegno e niente scuola, almeno fino a quando non partono le denunce al Tar, l'unico mezzo che hanno i genitori dei disabili di vedere riconosciuto il diritto allo studio dei propri figli e, dunque, al sostegno. Ogni anno, dal 2010, - secondo i dati registrati dall'associazione di Toni Nocchetti - almeno 8mila famiglie fanno ricorso al Tar e regolarmente vincono l'assegnazione delle ore di supporto.

Negli ultimi otto anni, infatti, oltre 40mila insegnanti sono andati in cattedra grazie al pronunciamento del tribunale amministrativo. Una ipotesi, quella di rivolgersi al Tar, che anche la mamma del piccolo Antonio prima o poi sarà costretta a prendere in considerazione.
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