«Luigi, un anno di pianti e sorrisi»:
da Napoli la lettera diventata social

«Luigi, un anno di pianti e sorrisi»: da Napoli la lettera diventata social
di Maria Pirro
Lunedì 3 Gennaio 2022, 12:53 - Ultimo agg. 25 Marzo, 20:20
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Hanno pianto, sorriso, lottato tutto l'anno. Hanno scelto le foto più belle per salutare il 2022. E hanno inviato il loro calendario del cuore al ministro della Salute, Roberto Speranza, e al presidente del Consiglio, Mario Draghi. Dodici immagini e una lettera «per informarli di quante difficoltà bimbi come Luigi incontrano nel percorso assistenziale. Qui, a Napoli, la burocrazia e l'assenza di coordinamento tra i servizi territoriali, le Asl e i presidi ospedalieri rendono ancora più disagiata e sofferente la vita quotidiana». Basti pensare ai «tempi biblici per l'inserimento nei centri di riabilitazione», all'assenza di mezzi di trasporto dedicati per accompagnarli, ai day hospital che diventano spesso ricoveri, più lunghi o ripetuti, «per la mancanza di una gestione centralizzata delle prestazioni nelle stesse strutture sanitarie». Valentina e Marino, genitori straordinari, hanno segnalato queste priorità da affrontare nel toccante messaggio scritto a nome dei tante altre famiglie che si prendono cura dei piccoli colpiti da paralisi cerebrale infantile di tipo spastico-distonico (danni subiti anche durante il parto), da epilessia su base strutturale e da grave ritardo globale dello sviluppo. «Per loro, serve un polo specialistico in ogni città. E un archivio digitale in modo da semplificare le procedure amministrative. E l'assistenza domiciliare e ospedaliera vanno affidate sempre allo stesso gruppo di operatori e specialisti», le proposte indicate accanto a qualche esempio per capire

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«I controlli periodici di Luigi consistono, oltre che in una visita medica generale, in esami ematochimici, elettroencefalogramma e consulenza neurologica e richiedono di solito un day hospital. Senza coordinamento nella struttura deputata, ogni indagine può diventare un day hospital. E allora, tamponi su tamponi e giornate intere nei corridoi. Per approfondimento diagnostico con il coinvolgimento di altre figure professionali come fisiatra, logopedista e neuro radiologo, può essere necessario un ricovero anche di diversi giorni». Di più. «Gli ospedali, per via del Covid, impediscono la presenza di entrambi i genitori vicino al bambino, spezzando il contatto visivo e affettivo dei piccoli pazienti, dalla psiche già delicata. E si arriva all’assurdo: da noi viene negato il vitto alla mamma (perché non ricoverata) e non è previsto neanche il pagamento di un ticket per ottenerlo.

Ci si arrangia con le macchinette o con la disponibilità di qualche sanitario. I genitori si parlano, se possibile, dalle finestre o comunicando con i cellulari. Sarebbe utile avere la possibilità di usufruire di una sala comunicazione, con monitor wi-fi e WhatsApp». In più, i genitori hanno suggerito di attivare convezioni tra le associazioni dei tassisti e le Asl per facilitare gli spostamenti dovuti a ricoveri e terapie. E hanno chiesto di rendere disponibili strutture alberghiere perché questi bambini possano andare al mare o in montagna almeno una settimana all'anno. Cose semplici, non scontate. I costi dovuti a tante, troppe carenze nel sistema pubblico ricadono proprio sui più fragili.

In attesa di una risposta dal governo, Valentina e Marino hanno voluto ringraziare pubblicamente, sul loro sito web (ilbambinospeciale.it), «tutte le persone che con il loro affetto ci sono vicino e ci aiutano. Sono soprattutto donne e uomini conosciuti per caso, come gli amici di Verona coordinati da Renzo e Anna Maria o la simpatica badante ucraina, Nataly. E come dimenticare il cuore e la professionalità del personale della terapia intensiva neotanale della Federico II e il loro direttore Francesco Raimondi. Da abbracciare e poi riabbracciare le stupende dottoresse logopediste Francesca Mariosa e Lucia De Stefano, dell'ospedale pediatrico Santobono, che hanno fatto tanto per aiutare il piccolo Luigi nel corso del suo primo anno di vita». Purtroppo, «la burocrazia resta uno dei nemici peggiori dei “bambini speciali” che, per come vanno le cose da queste parti, è più appropriato definire “ bambini sfortunati”», l'amara conclusione condivisa dagli esperti.

Nel tracciare un bilancio dell'assistenza pediatrica, proprio Raimondi, professore ordinario all'Università di Napoli, ha puntato l'attenzione sui bimbi che lasciano la Terapia intensiva neonatale con problemi di sviluppo neurologico, di respirazione e di crescita. «Per questi bisogni speciali, la sanità territoriale di nessuna regione ha le necessarie competenze specialistiche». Difatti, «la Regione Campania tra le prime aveva riconosciuto con una delibera ad hoc, già nel 2005, la necessità di istituire un servizio specifico volto non solo al controllo-assistenza in termini sanitari, ma anche all’accoglienza, stimolo e guida nei confronti di genitori resi bisognosi di aiuto da una quantità di problemi che li coglie spesso impreparati al momento della dimissione del figlio». È andata, però, diversamente. «Negl’ultimi sedici anni, l'indispensabile servizio a una fascia di popolazione spesso in condizioni socio-economiche difficili è stato condotto in modo spontaneo e parziale solo in alcune Neonatologie. È arrivato sicuramente il momento di completare, coordinare e finanziare questo necessario tassello mancante», il monito del docente, che è anche componente del direttivo nazionale della Società italiana di neonatologia.

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