Medici, Zuccarelli: «Premi ai giovani dottori, così si ferma la fuga»

ll presidente dell'Ordine: il governo intervenga

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di Ettore Mautone
Venerdì 25 Agosto 2023, 10:26
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Premiare con sostanziali incentivi economici, contrattuali e di carriera, i medici di sanità pubblica, i medici giovani e meno giovani, per evitare la cosiddetta "fuga di cervelli" e così «trovare il modo di convincere quelli che sono fuggiti altrove o meditano di farlo alla prima occasione a tornare sui propri passi». Questa l'unica ricetta, secondo Bruno Zuccarelli, presidente dell'Ordine dei medici di Napoli e provincia, per interrompere lo stillicidio di camici bianchi nelle prime linee degli ospedali.

Dottore Zuccarelli chi deve intervenire per tirare il freno all'emorragia di camici bianchi nei pronto soccorso?
«Senza dubbio devono innanzitutto intervenire i livelli nazionali di governo della Salute, siamo da mesi e mesi in dirittura d'arrivo per la sigla del nuovo contratto ma con uno stallo in un Paese nel quale a settembre prossimo si discuterà ancora del rinnovo del contratto 2019 -2021 nonostante le promesse fatte durante il periodo caldo del Covid».

Quali promesse?
«Si disse mai più corsie sguarnite».

E invece?
«Invece oggi è evidente che le cose non stanno realmente così.

Altro che mai più, la politica ha dimostrato sino ad oggi di voler proseguire esattamente in quello stesso solco e direzione impressi nell'epoca pre Covid. Ora il Governo è chiamato a fare una scelta e sarà tutto chiaro nei prossimi mesi quando sarà varata la Legge di Bilancio».

Cosa chiedete?
«Se non si invertirà la rotta, entro pochi anni la salute sarà un bene ad esclusivo appannaggio di chi potrà permettersi un'assicurazione sanitaria o pagarsi le cure privatamente. Lascia molto perplessi vedere con quale serenità gli italiani assistono a questo smantellamento».

I medici vanno via e i giovani disertano i concorsi per i pronto soccorso anche per le condizioni di lavoro. Pesano le aggressioni: come se ne viene a capo?
«Sì, i camici bianchi sono di nuovo sotto attacco nelle prime linee degli ospedali dove è complice il caos dei pronto soccorso e le lunghe attese ma anche in periferia, nella medicina di prossimità, nella tranquillità dello studio delle guardie mediche si rischia. Intanto servirebbe estendere i posti di polizia in tutti i grandi ospedali. Tutti i cittadini poi dovrebbero dire no alla violenza in corsia se hanno a cuore un sistema di cure pubbliche e universalistiche».

La legge 113 del 2020 non è servita?
«È per molti versi inapplicata. Ho incontrato molte volte, anche di recente, il prefetto di Napoli invocando la piena applicazione di norme che richiedono una continua messa a punto. Sono necessari tutti gli strumenti previsti dalla norma a tutela dei colleghi, a cominciare dall'Osservatorio che deve diventare uno strumento di monitoraggio utile per studiare meglio questo grave fenomeno sociale e porvi rimedio. Occorre anche completare la rete di telecamere a circuito chiuso nei pronto soccorso, sulle ambulanze e sul personale del 118. Bisogna investire nel miglioramento strutturale, nei percorsi, nella qualità organizzativa e anche, ovviamente, aumentare la dotazione di personale».

I giovani medici sono meno appassionati di un tempo e badano di più al sodo?
«Sono più pragmatici ma non direi meno appassionati. Sta a chi governa la Salute rendere più attrattive le strutture in cui lavoreranno per una vita».

Quale consiglio darebbe a chi diserta i concorsi?
«Di non dimenticare di dare una particolare attenzione al rapporto con il paziente e con chi soffre. Al contempo è nostro dovere porre le nuove generazioni di medici nelle migliori condizioni per esercitare ed esprimere il loro potenziale. È evidente che sotto minaccia, tra parole grosse, offese e violenze che si registrano quotidianamente, turni impossibili, centinaia di pazienti in barella in un pronto soccorso come il Cardarelli nessuno potrebbe esprimere i propri talenti. Un problema che riguarda tutti. La rete dell'emergenza è il primo gradino e più importante di una salute pubblica universalistica e costituzionalmente orientata all'equità ma l'Italia in Europa è diventata quella che investe la quota più bassa del prodotto lordo, vari punti in meno di Francia e Germania».

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