Napoletano ucciso in Messico, il killer è il boss della comunità italiana: «Qui non devi lavorare»

Napoletano ucciso in Messico, il killer è il boss della comunità italiana: «Qui non devi lavorare»
di Giuseppe Crimaldi
Lunedì 7 Dicembre 2020, 11:00 - Ultimo agg. 14:53
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Salvatore De Stefano era un imprenditore che da Chiaia aveva deciso di fare il grande passo, trasferendosi in Messico a vendere apparecchiature elettriche. Venne assassinato la sera del 3 aprile del 2019 mentre cenava in una pizzeria della capitale centroamericana con un amico. Un killer entrò a volto scoperto nel locale freddandolo con quattro colpi di pistola sotto gli occhi di decine di testimoni. Oggi il presunto assassino ha un nome e un volto: Carmine Vitucci, anch'egli napoletano da tempo residente in Messico. L'uomo è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario. Ed emerge anche il movente del raid.

Vitucci, che si atteggiava a ras della comunità dei napoletani nella capitale, voleva impedire al 35enne De Stefano di inserirsi nel circuito commerciale di Città del Messico. Non tollerava che un altro napoletano invadesse il settore di affari sui quali pretendeva evidentemente di avere una sorta di monopolio.

Una causale assurda, e che pure avrebbe - questo emerge dalla ricostruzione di un'indagine lunga e delicata - armato la mano dell'uomo per libberarsi di quel che evidentemente riteneva uno scomodo concorrente.

Vitucci aveva intuito che intorno a lui si stesse facendo ormai terra bruciata: e per questo stava cercando di rientrare in Italia. Le forze dell'ordine messicane lo hanno arrestato nell'aeroporto di Città del Messico l'altra notte.

De Stefano si era trasferito qualche anno fa in Messico per vendere generatori elettrici, un articolo che a quanto pare frutta buoni affari nei Paesi del Centroamerica e dell'Africa. «Ma attenzione - sottolinea al Mattino l'avvocato Gennaro Demetrio Paipais, che adesso assiste la famiglia della vittima - il particolare dei generatori non deve indurre in errori o tentazioni di accostare questa vicenda alla scomparsa dei tre napoletani, sempre in Messico, di qualche anno fa. Il materiale trattato da De Stefano era composto da strumenti di marca, originali, e non cinesi. Lui vendeva generatori tedeschi».

Salvatore aveva un sogno: trasferirsi dall'altra parte dell'Atlantico e crearsi una solida posizione imprenditoriale. Incensurato, sempre sorridente, guardava al futuro con ottimismo, sempre. Si era stabilito nella città di Monterrey, dove vendeva apparati elettrogeni e dove viveva con una compagna e due figli. Non si separava mai dall'amico fidato, un altro napoletano che la sera in cui il killer fece fuoco al tavolo del ristorante Bella Donna di Città del Messico era insieme con lui al tavolo. In una delle foto qui in pagina si nota l'ingresso dell'assassino, ripreso dalle immagini di videosorveglianza. Fu, quello, un omicidio premeditato e sicuramente anche plateale: commesso dal presunto autore a volto scoperto, quasi una sfida a dimostrare che a Città del Messico la comunità partenopea doveva inginoschiarsi e chiedere permessi ad un uomo che intendeva probabilmente instaurare una sistema para-camorristico fondato su rispetto e paura. 

La Procura messicana ritiene di avere tutti gli elementi in grado di considerare Carmine Vitucci l'assassino di De Stefano. Ma adesso sulla vicenda indaga anche la Procura della Repubblica di Napoli, con un fascicolo già affidato ad un magistrato inquirente di lungo corso e moolto preparato: il sostituto Ida Teresi. 

La sera in cui Salvatore venne ucciso ad entrare in azione furono almeno tre persone. Un vero e proprio commando di morte: il killer, e altri due suoi complici, che fecero da basisti fornendogli assistenza e un'auto che attendeva con il motore acceso all'esterno della pizzeria Bella Donna. «Secondo gli organi di informazione del posto - continua l'avvocato Paipais - nei confronti di Vitucci era stato chiesto e ottenuto dalle autorità giudiziarie messicane un mandato di cattura internazionale per omicidio». Paipais ha già avviato contatti con le autorità diplomatiche messicane e con il ministero degli Esteri italiano per seguire gli sviluppi giudiziari del caso. 

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