Sorelle sfregiate a Napoli: «Ma quell'acido non riuscirà a cancellare il mio sorriso»

Sorelle sfregiate a Napoli: «Ma quell'acido non riuscirà a cancellare il mio sorriso»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 2 Giugno 2022, 11:03 - Ultimo agg. 19:42
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Dopo quella notte, ha ancora paura. Ha paura per sè, per la sua bambina, per la sua sorella più piccola, delle persone a cui vuole bene. Ha paura delle sue foto pubblicate su siti e giornali e delle conseguenze di un'inchiesta penale che la esporranno per anni come parte offesa in un processo nei confronti - come emerso finora - di esponenti della sua famiglia. Ma la paura non le ha tolto una certezza, una convinzione su tutte, che al Mattino spiega in questo modo: «L'acido che mi hanno scagliato sul viso non riuscirà mai a togliermi il sorriso. Lo vedete il mio sorriso? Eccolo, è vero come il dolore che ho sofferto in questi giorni, come l'ansia che nutro dopo quella maledetta domenica notte: è il sorriso di chi non rinuncia a vivere, nonostante tanta violenza, tanto dolore ingiustificati».

Eccola Elena, 23 anni, vittima di un agguato cinico e rabbioso, quello consumato domenica notte in corso Amedeo di Savoia, a due passi da casa.

Difesa dal penalista napoletano Cesare Amodio, Elena accetta di confrontarsi con il Mattino, di raccontare - nei limiti di una vicenda scabrosa al centro di una inchiesta penale - i risvolti di una storia che ha inizio e fine nel proprio contesto domestico.

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Che è successo domenica scorsa?
«Ho visto quella bottiglia che ci è stata lanciata addosso. Ho sentito il bruciore sul viso, sulla guancia. Sulle prime, io e mia sorella abbiamo fatto di tutto per difenderci gli occhi, abbiamo rischiato di impazzire. È stato difficile anche prendere il telefono e comporre i numeri di soccorso. Solo dopo essere saliti a bordo dell'ambulanza, abbiamo cominciato a sperare in una svolta. Sono stati minuti tremendi. Un vero inferno».

Una sua zia, per altro una ragazza più giovane di lei, è finita in manette per un reato odioso: deturpamento del viso. Qual è la sensazione che prova di fronte a uno scenario del genere?
«Sono stata ascoltata dagli inquirenti, mi hanno mostrato immagini e ricostruzioni investigative. Non replico, tocca agli inquirenti tirare le somme e portare avanti le indagini. Fatto sta che ancora oggi non riesco a comprendere tanto odio mosso contro di noi, un gesto feroce (che non è degno di un paese come il nostro), un'azione da vigliacchi».

Possibile che una donna possa deturpare il viso di un'altra donna?
«Le conclusioni delle indagini non spettano a me, quello che avevo da dire l'ho detto in questura l'altra notte. Resta una domanda che è già di per sè dolorosa: come è possibile nutrire tanto odio? E a che titolo? Come si fa a organizzare una cosa del genere, senza riflettere per un attimo alle conseguenze orribili di un gesto. L'acido è arrivato a pochi millimetri dagli occhi, potevano accecarci».

Si è parlato di un movente scabroso, cosa può aver provocato una simile aggressione?
«Non c'è nulla che possa giustificare o rendere minimamente comprensibile un'azione del genere. Non esistono ragioni. I rapporti possono essere complessi, difficili, magari anche segnati da incomprensioni o malumori, ma non c'è alcun movente accettabile dietro un gesto del genere».

Agli atti dell'inchiesta spiccano le chat di instagram e qualche post di tiktok. L'ultimo messaggio è di domenica notte. Forse c'è stata una provocazione che ha scatenato questa rabbia?
«Nulla di tutto ciò. Sulle chat ci sono massime di vita, parole in generale, senza alcun riferimento specifico a persone o circostanze concrete. Questa storia delle chat è l'altra faccia di una vicenda che considero assurda».

In che senso?
«Propria di chi confonde la realtà virtuale con i drammi della vita reale, come quelli che sono stati imposti a me e a mia sorella».

Se potesse rivolgere un appello alle ragazze di Napoli, cosa direbbe?
«Di uscire da questa bolla, parlo dei social, e di non confondere realtà virtuale e quella reale. Poi, a me stessa e a chi mi vuole bene dico: nulla potrà spegnere il mio sorriso». 

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