Napoli, la baby gang del manganello: ​ferito un altro quattordicenne

Piazza Dante, il ragazzino circondato dal branco: «Mi hanno chiesto di dove fossi, a chi appartenessi»

Napoli, un altro 14enne ferito dalla baby gang del manganello
Napoli, un altro 14enne ferito dalla baby gang del manganello
di Melina Chiapparino e Leandro Del Gaudio
Martedì 31 Gennaio 2023, 23:00 - Ultimo agg. 1 Febbraio, 15:45
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Avevano già colpito un’ora prima. Se l’erano presa – da vigliacchi – con un altro ragazzino di appena 14 anni. Hanno agito in branco – quattro o cinque, in sella a scooter – usando un manganello, sfoderando sempre lo stesso metodo: prima una sorta di interrogatorio, poi calci e pugni e, per finire, il colpo alla testa. È accaduto domenica sera in due punti della città, secondo quanto appreso dal Mattino in queste ore. Ed è infatti solo oggi che si apprende che la storia del ragazzino di 14 anni aggredito in piazza Carlo III, non lontano dal luogo in cui era stato accoltellato Arturo Puoti nel 2017, non è stato l’unico episodio messo a segno dal branco. 

Un’ora prima, c’era stata una precedente aggressione sempre a carico di un ragazzino di 14 anni, questa volta in piazza Dante, anche in questo caso con le stesse modalità operative: il ragazzino è stato circondato, gli hanno fatto delle domande (chi sei? Da dove vieni? Che ci fai in questa strada?), poi giù botte, fino al colpo con una sorta di sfollagente. Dunque, due aggressioni, stesso modus operandi, stesso codice linguistico, stesso epilogo, con due ragazzi di 14 anni che vengono soccorsi e portati in ospedale, al Cardarelli: prima il ragazzino di piazza Dante, si tratta di uno studente del posto, che ha rimediato delle contusioni alla testa (i cui genitori hanno sporto denuncia alle forze dell’ordine); poi, il caso dell’aggressione di piazza Carlo III (di cui abbiamo parlato nell’edizione di ieri di questo giornale).

Due feriti giovanissimi, caccia alla banda del manganello. Cercano rogne, se la prendono con ragazzini soli e indifesi. E usano una sorta di sfollagente, che spunta nella parte finale dell’aggressione, quasi a voler marchiare nel modo peggiore la sofferenza della vittima.

Violenza pura, gratuita, che fa leva su una sorta di territorialità. Se i due episodi di domenica scorsa sono infatti collegati, è logico pensare che c’è una banda di giovani delinquenti che presidiano una parte del centro storico. E che scaricano la violenza, senza alcun motivo. Siamo oltre la cosiddetta faida dello sguardo di troppo, altra categoria che a Napoli sembra avere un certo radicamento.

Ma torniamo alle due storie accadute domenica notte. Siamo intorno alle 21, quando arriva la segnalazione dal Cardarelli, da parte di una coppia di genitori che ha soccorso il proprio ragazzo. Nulla di grave, servono cure mediche, si procede per una contusione provocata da un corpo contundente. Una spranga, una mazza, qualcosa di simile. Un’ora dopo, passate le 22 di domenica scorsa, in un’altra zona del centro storico, sarà una donna di 51 anni ad intervenire. È stata chiamata dal figlio, che ha avuto la peggio nel corso di un litigio. Una volta giunta in piazza Carlo III, lato via Foria, scopre che le cose sono andate diversamente: ad agire sono stati in quattro, forse cinque, erano in sella agli scooter. E non c’era alcun motivo scatenante.

Un episodio, quest’ultimo, sul quale sono al lavoro i carabinieri del comando provinciale di Napoli, da sempre attenti a una ricostruzione non estemporanea di piccoli e grandi episodi criminali a Napoli. Si muovono su un verbale scarno, sintetico, che poi corrisponde alla versione resa dal ragazzino: «Mi hanno chiesto di dove fossi, a chi appartenessi», ha spiegato il ragazzino. Era su una fermata del bus, stava facendo rientro a casa, non ha capito per quale motivo la banda lo abbia preso di mira. Due casi di violenza in un’ora possono essere una coincidenza, anche se il metodo e l’arma usata consente di ipotizzare l’esistenza di una sorta di metodo o di strategia, ovviamente votata all’uso della violenza fine a se stessa punto e basta. 

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