Food e parrucchieri, a Napoli il servizio abusivo viaggia sui social

Food e parrucchieri, a Napoli il servizio abusivo viaggia sui social
di Gennaro Di Biase
Mercoledì 24 Marzo 2021, 00:00 - Ultimo agg. 10:40
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Innovazione e sregolatezza camminano quasi sempre appaiate, così si diffonde e aumenta l’indotto a Napoli il cosiddetto «abusivismo digitale», cioè il mercato nero del commercio via social, che ha tratto enorme vantaggio dalla pandemia e dal boom del delivery, diventato, causa-Covid, uno dei principali strumenti dell’economia. Il fenomeno funziona così: utenti che si definiscono «hobbisti» producono un oggetto a casa e lo pubblicizzano con foto attraverso pagine ad hoc su Facebook o Instagram, lasciando i recapiti per le consegne a domicilio. Su «Io compro Campano» o «Compriamo a Napoli», per esempio, si trova di tutto, in regola o no: scarpe, collane, t-shirt, fino ai dolci fai-da-te. Il Web confonde alto e basso, in un mix tra brand affermati e artigiani improvvisati «per passione». La celebre pastiera di Mimì alla Ferrovia, per intenderci, la si trova “scrollando” un paio di post, dopo la pastiera proposta da un «hobbista di Napoli» in vista di Pasqua. 

«Sua maestà la pastiera – si legge su “Compriamo a Napoli”, con tanto di scatto – Sono un’hobbista di Napoli, consegno dove posso a domicilio. Per informazioni contattatemi». Su “Io Compro campano”, si trova l’offerta (risalente a febbraio) per pranzi da consumare in un museo privato del centro: «Sono un’artigiana della cucina. Ho fondato un’associazione culturale enogastronomica 6 anni fa. Vorrei mostrarvi i miei lavori, frutto del mio ingegno e della mia fantasia come questo pranzo per 2 innamorati realizzato da me. Conosci un modo migliore per stupire la persona amata che portarla a pranzo nel museo più bello di Napoli che apre le porte solo per voi due innamorati? Realizzerò un menù sorprendente di terra o di mare a scelta». Non tutto è illegale. Nella Napoli anarchica e viva, autentica e verace, la tradizione del “pagnuttiello” calato dal balcone non è mai tramontata, eppure sugli stessi gruppi social si trovano inviti degli amministratori a «non pubblicizzare attività sprovviste di partite Iva». Insomma, portali nati con la buona intenzione di favorire il commercio glocal diventano in più di un caso sponsor dell’abusivismo. A preoccupare i ristoratori non c’è solo l’evasione: «La diffusione del mercato alimentare digitale favorisce un declino delle condizioni di sicurezza a cui noi operatori ufficiali siamo obbligati – spiega Ulderico Carraturo, dell’omonima storica pasticceria e membro di Fipe – Chi non è un professionista non rispetta le regole, e questo va a danno del consumatore. Vista la diffusione del delivery in questi tempi di pandemia, la fetta di mercato dell’abusivismo digitale alimentare cresce: è concorrenza sleale». 

L’«hobbismo» si è ritagliato un indotto vasto in città. Dai ciondoli alle scarpe, dagli occhiali alle magliette dipinte. «Le mie creazioni nascono nel mio laboratorio di casa – scrive un’utente fra i tanti – Sono tutte dipinte a mano da me. Non ho un negozio e spedisco ovunque con poste italiane e corrieri. Non ho partita Iva. Eseguo anche su ordinazione. Non violo Copyright». «Il mercato nero via social avviene senza rispetto del fisco – commenta Carla Della Corte, presidente di Confcommercio Napoli – Il mercato viene rosicchiato da chi pubblicizza prodotti fatti in casa sui social, senza Scia né partita Iva.

Parliamo di percentuali in salita: al momento siamo intorno al 7%». 

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Va a gonfie vele in queste ore anche l’abusivismo “classico”. Secondo un’indagine di Casartigiani Napoli, tra acconciatori ed estetisti l’abusivismo domiciliare in città è aumentato del 30%, ed era già cronicizzato al 40%. Un’attività su 10 è guidata da un imprenditore extracomunitario, e il 10% delle attività non riaprirà. «La zona rossa chiude acconciatori e centri estetici ma lascia aperti grossisti di fornitura per i due settori – afferma Luciano Luongo, presidente Casartigiani Campania - il danno economico in un solo mese (marzo) è di circa 20milioni. Acconciatori e centri estetici sono i luoghi più sicuri devono aprire e soprattutto restare aperti». «Estetisti, parrucchieri, massaggiatori: il giro d’affari di chi dovrebbe sospendere le prestazioni per Covid e invece lavora è in escalation – conclude Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania – Rendendo off limits i saloni, da un lato si toglie energia ai commercianti che pagano le tasse e dall’altro si rischia un contagio incontrollato, visto che un’estetista irregolare cambia anche 5 o 6 case al giorno. È una bomba sanitaria a orologeria». 

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