Napoli Est, rischio vendetta del clan: ​scatta il coprifuoco per le ragazzine

Scenario ricostruito con le intercettazioni: "Non devono uscire la sera"

Controlli dei carabinieri a Ponticelli
Controlli dei carabinieri a Ponticelli
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 20 Gennaio 2023, 00:03 - Ultimo agg. 09:04
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Gilda, Veronica, Patrizia e le altre. Sono quelle che non devono uscire la sera. Sono quelle che è meglio che si «ritirano presto». E sono anche quelle che devono spegnere il cellulare, perché «è malacqua». In tutti i sensi. Perché c’è Cristian per strada (vale a dire Cristian Marfella, discendente diretto del clan De Luca Bossa di Ponticelli), incubo vendetta trasversale, ma c’è anche la possibilità che mentre Veronica parla con Patrizia, si scoprano alleanze tra famiglie della stessa zona.

Difficile la vita a Ponticelli. Difficile la vita per le ragazze di via Cleopatra, di via Archimede, del lotto Zero (che poi sarebbe “O” di Otranto), da quando due cartelli criminali si fanno la guerra a colpi di agguati, omicidi, bombe e stese. Triste spaccato, a leggere la misura cautelare adottata dal gip Maria Luisa Miranda, che vede in cella sette presunti affiliati al clan De Luca-Bossa-Minichini-Casella di Ponticelli. Parliamo di bombe, di agguati, spedizioni punitive, assalti a colpi di kalshnikov, che fanno dell’area orientale di Napoli una sorta di unicum nel cuore dell’Europa. Si vive in un regime di coprifuoco, con il rischio di una vendetta trasversale che può esplodere in ogni momento e contro ogni target possibile.

Anche nei confronti di ragazzine minorenni, che rischiano la vita – sembra di capire – in quanto figlie, nipoti, cugine di soggetti legati a un clan della zona.

Basta dare un’occhiata alla misura cautelare notificata martedì scorso, al termine delle indagini del reparto operativo dei carabinieri, sotto il coordinamento del pm anticamorra Antonella Fratello e della stessa procuratrice Rosa Volpe (in cella sono finiti Annamaria Amitrano, Luca Concilio, Alessandro Ferlotti, Ciro Flauto, Cristian Marfella, Lorenzo Valenzano). C’è un’intercettazione telefonica che conferma il clima che si respira in questa fetta di città. A parlare al telefono è Mimmo Naturale, tra i soggetti attenzionati dalla Dda, che si rivolge a una propria parente, in un dialogo che in qualsiasi altra città risulterebbe surreale: «Non far scendere proprio tua figlia, non la far uscire di casa... capisci a me»; immediata la replica: «Perché è malacqua?...». A questo punto iniziano le perplessità del soggetto intercettato: «Il Lotto zero... non se la deve fare là, non deve scendere di casa... e falle spegnere il telefono anche se la chiama “omissis”... è meglio che ha il telefono spento...». E quando la donna chiede di conoscere altri particolari, arriva una frase che basta da sola: «È passato Cristian...», a proposito del presunto boss che presidia il quartiere.

Ma non è l’unico retroscena legato a Ponticelli. In questo caso, la notizia arriva dalla Commissione antimafia, a proposito del caso dei cosiddetti mostri di Ponticelli. Parliamo dei 3 soggetti condannati per aver brutalizzato e ucciso due bambine Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, di 7 e 10 anni, nel luglio del 1983. Per quelle morti sono stati condannati tre operai, ventenni e incensurati, Giuseppe La Rocca, Luigi Schiavo e Ciro Imperante. I tre, oggi sono uomini liberi dopo 27 anni di carcere, e continuano a dirsi innocenti. «Il massacro rischia di essere una storia di sole vittime, le due bambine e i tre ragazzi, all’epoca 20enni», ha detto la deputata Stefania Ascari, prima firmataria della relazione sul massacro approvata all’unanimità dalla Commissione Antimafia a settembre, allo scadere della scorsa legislatura. Secondo Ascari ci sono gli elementi per chiedere la revisione del processo: «Ritengo che si tratti di un grave errore giudiziario». In una conferenza stampa alla Camera, Luigi Schiavo ha detto che «in caserma persone in borghese mi hanno torturato, fatto girare sulla sedia per disorientarmi, dato da bere acqua e sale, colpito con un frustino per cavalli». «Si doveva accontentare l’opinione pubblica», ha aggiunto Giuseppe La Rocca, «voglio la verità, lo dovete fare per le nostre famiglie e per i genitori delle bambine morte». Ora i commissari parlamentari chiedono di indagare su un presunto ruolo della camorra. 
 

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