Centro storico di Napoli, quei fondi finiti nel pozzo del diavolo

di Vittorio Del Tufo
Mercoledì 17 Luglio 2019, 08:00
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Sono anni che piovono pietre dai palazzi del centro storico, sono anni che piovono fondi per mettere in sicurezza i palazzi del centro storico. È il paradosso della città che continua a franare e, allo stesso tempo, a ingoiare milioni di euro per i progetti di recupero, consolidamento e riqualificazione degli edifici e dei monumenti più malandati.

Vorremmo salutare con gioia l'ennesimo «progetto integrato per il centro storico di Napoli», annunciato ieri in pompa magna al termine di una riunione alla quale hanno partecipato, con il sindaco De Magistris e il vicepresidente della Regione Bonavitacola, anche due ministri (Bonisoli per i Beni culturali e Lezzi per il Sud). Novanta milioni di euro che saranno utilizzati per finanziare ristrutturazioni e restauri, dalla Galleria Principe a Palazzo Penne.

Vorremmo unirci all'entusiasmo generale («È stato un lavoro di squadra in cui tutti i soggetti interessati si sono impegnati al massimo per arrivare in pochissimi mesi alla firma», ha annunciato Bonisoli) ma, perdonate lo scetticismo, aspettiamo ancora che qualcuno ci spieghi in quale buco o pozzo nero sono finiti i cento milioni di euro, fondi europei, già stanziati nell'ambito del Grande Progetto Unesco, avviato oltre dieci anni fa. Forse nel Pozzo del Diavolo di Palazzo Penne?

Anche i fondi del Grande Progetto Unesco avrebbero dovuto «migliorare la qualità della vita dei cittadini del centro storico» (cit. Bonisoli).

Eppure solo il 15 per cento del totale delle risorse disponibili nell'ambito di quel progetto, pari a circa 100 milioni, risulta utilizzato. C'è da essere ottimisti? Forse c'è semplicemente da essere realisti. Aprire bene gli occhi. E pretendere che agli annunci (e ai fondi stanziati) seguano i fatti. Anche perché la città incerottata e fragile continua a presentare il conto a chi avrebbe il dovere di metterla in sicurezza. È un conto salatissimo, anche in termini di vite umane, come sappiamo benissimo.

Crollano i pavimenti delle chiese e rotolano pietre dalle facciate dei monumenti. La città fa i conti con una Storia di quasi 2500 anni, Napoli è un immenso anfiteatro e può vantare il centro storico più ampio d'Europa.

Ben vengano i piani per tutelare questo patrimonio straordinario, a patto che si portino a conclusione i lavori già avviati, che i progetti di recupero non vengano smontati e rimontati di continuo. 

Non vorremmo assistere a una superfetazione di piani e poi - come è accaduto - perderci nelle sabbie mobili dei ritardi e degli interventi fermi alla fase della progettazione. O delle gare, in alcuni casi, ancora da indire.

Qualche esempio per tutti: il tempio della Scorziata, monumento al degrado lasciato marcire dopo il terremoto dell'80, ancora attende il via libera per la progettazione definitiva.

In fase di gara gli interventi per il complesso di Santa Maria la Nova e di San Lorenzo Maggiore, in ritardo i cantieri per il recupero delle mura aragonesi a Porta Capuana e del complesso di San Paolo Maggiore, dove nel marzo 2018 le infiltrazioni provenienti dal sottosuolo provocarono il crollo di un'ala dell'antico monastero, travolgendo cinque operai impegnati nei lavori di ristrutturazione del chiostro, nel cuore dei Decumani.

Abbiamo assistito inermi, nel marzo di quest'anno, al disfacimento degli Incurabili e al crollo del pavimento dell'antica chiesa di Santa Maria del Popolo.

Ma abbiamo anche permesso a eserciti di topi di rovistare tra le macerie di palazzi storici e leggendari, come il Palazzo Penne che, grazie all'accordo annunciato ieri, sarà messo in sicurezza e restaurato per diventare casa dell'architettura e del design. Ne siamo lieti, a patto che tra cinque anni la cronaca non ci costringa ancora a raccontare storie di scempi e di degrado, anziche di rinascite e ripartenze.

Novanta milioni quelli appena stanziati - è una bella cifra. Ma più o meno è la stessa cifra che avanza dai precedenti contributi, che servivano a finanziare progetti rimasti nel libro dei sogni.
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