Salvatore Giordano morto nella Galleria Umberto: fregio killer e allarmi inascoltati, solo condanne beffa

Salvatore Giordano morto nella Galleria Umberto: fregio killer e allarmi inascoltati, solo condanne beffa
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 19 Settembre 2022, 22:41 - Ultimo agg. 21 Settembre, 07:25
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Otto anni dopo, una sentenza che non gratifica le comprensibili aspettative della famiglia di Salvatore Giordano. Otto anni dopo quel maledetto sabato pomeriggio, quando si staccò il rosone della galleria Umberto, lapidando uno studente di Marano, arriva una condanna che suona - alle orecchie di chi attende giustizia - come una sorta di atto burocratico. Cinque condanne, un’assoluzione nel merito, novanta giorni in attesa del deposito delle motivazioni.

Ma proviamo a capire qual è stato il ragionamento dei giudici, a partire dai nomi e dai ruoli dei cinque imputati condannati per la morte di Salvatore. Aula 211, giudice Mendìa, omicidio e disastro colposo: due anni di reclusione per Giovanni Spagnuolo, capo servizio sicurezza abitativa della protezione civile; Franco Annunziata, tecnico del servizio sicurezza abitativa, è stato invece condannato a un anno due. Condannati anche gli amministratori che si sono succeduti nella gestione del condominio di piazzetta Serao: Bruno Mariano (due anni) e Marco Fresa (un anno e due mesi); due anni per Elio Notarbartolo, che ha svolto il ruolo di tecnico per conto del condominio. Giuseppe Africano, tecnico del servizio sicurezza abitativa (difeso dall’avvocato Fabio Gentile), è stato invece assolto nel merito. 

 

Al termine del dispositivo, a titolo di risarcimento del danno, il presidente della sesta sezione penale ha anche disposto il pagamento di una provvisionale di 150mila euro per i genitori e i tre fratelli, oltre al danno che dovrà essere liquidato in separata sede.

Risarcimento delle spese legali per tutte le parti civili, compreso per il Comune di Napoli che - soluzione ritenuta beffarda - in questa vicenda si era costituito parte lesa. Amarezza da parte dei genitori e dei fratelli di Salvatore (come spieghiamo nel pezzo a fianco), assistiti dal penalista napoletano Sergio Pisani, di fronte a pene ritenute troppo basse, ma anche alla lunga fase di gestazione del primo grado di giudizio.

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Ma proviamo a capire in cosa consistono le responsabilità riconoscite ieri dal collegio di giudici napoletani. Secondo la ricostruzione dell’accusa (ieri rappresentata dai pm Di Dona e Giugliano), c’è una responsabilità quanto meno condivisa tra amministratori di condominio (parliamo del condominio di piazzetta Matilde Serao 7) e del Comune di Napoli, alla luce della natura pubblico-privata del rosone esterno alla Galleria. Qual è il punto decisivo? Stando alla lettura degli atti, il crollo era stato annunciato da interpellanze in consiglio comunale (è il caso dell’intervento dell’ex consigliere Enzo Moretto), ma anche da episodi sinistri, come la caduta di calcinacci in una delle zone più belle e affollate della città. Si poteva e doveva intervenire, fosse anche solo con un semplice nastro divisorio, per inibile lo struscio in una zona dove era stato segnalato il rischio dei crolli. È questo il ragionamento che ha spinto i giudici a condannare (con pene diverse) amministratori di condominio che si sono alternati nella gestione di un problema indicato come reale; ma anche il dirigente comunale che avrebbe dovuto mettere in campo tutte le precauzioni utili a impedire un disastro annunciato. Spiega l’avvocato Arturo Cola, che assiste il tecnico comunale Annunziata: «La sentenza è iniqua, il Comune è il maggiore responsabile di questa sciagura: aveva il compito di fare manutenzione o eseguire lavori di somma urgenza, di fronte alle segnalazioni di pericolo che riguardavano il principale monumento napoletano. C’è anche un dato beffardo, che consiste nella decisione di risarcire anche l’ente comunale, parte civile contri i suoi stessi dirigenti. Il mio assistito era stato mandato a visionare il civico 210, che è altra cosa rispetto alla zona del disastro».

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