Napoli, omicidio di Giogiò, c'è l'ordine del giudice: «Niente chat per il killer»

Negato il beneficio delle videochiamate dopo la pubblicazione di frame dei colloqui sui social

Giogiò, ordine del giudice «Niente chat per il killer»
Giogiò, ordine del giudice «Niente chat per il killer»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 11 Novembre 2023, 23:59 - Ultimo agg. 12 Novembre, 16:30
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Niente colloqui da remoto, niente chat con i genitori, di fronte al rischio di diffusione di immagini sui canali social. È questo il provvedimento adottato dal gip del Tribunale di Napoli nei confronti del 17enne indagato per l’omicidio di Giovanbattista Cutolo, il musicista colpito a morte senza un motivo, in un pub di piazza Municipio. Un caso che spinge il giudice a soffermarsi sulla recente diffusione di immagini dell’indagato ricavate da remoto, nel corso di colloqui autorizzati.

Stando a quanto emerso da alcuni articoli di stampa, una parente dell’indagato aveva postato sui social le immagini del 17enne, puntualmente corredate da inviti a farsi forza, a resistere, ad andare avanti a testa alta. Immagini probabilmente estrapolate da colloqui avuti dal 17enne con i propri congiunti, su cui conviene fare chiarezza: si tratta di colloqui che possono avvenire anche da remoto, grazie a telefoni cellulari e Ipad, secondo una prassi garantita da un giudice e vigilata dalle forze di polizia penitenziaria, che si è sviluppata soprattutto durante la pandemia Covid.

Una prassi che comunque non ammette degenerazioni o distorsioni, come sembra sia accaduto un paio di mesi fa, con la circolazioni del volto sorridente del presunto assassino che, in quanto minorenne, ha anche il diritto ad essere maggiormente tutelato. 

Una vicenda raccontata di recente dal Mattino, anche sull’onda d’urto della denuncia fatta dal parlamentare dei Verdi Francesco Borrelli, che evidenziava l’opportunità di vigilare sulla diffusione di post in favore di chi è accusato di aver ammazzato l’artista napoletano. Quanto basta a far scattare il divieto ai colloqui in videochiamata, quanto meno in senso allargato all’intero contesto familiare. Una vicenda sulla quale il penalista Davide Piccirillo, difensore di fiducia del 17enne, spiega a Il Mattino: «Abbiamo accettato il provvedimento del gip, in attesa di promuovere un ricorso che consenta al minore di tornare a sostenere colloqui in videochiamata in modo ristretto, con i soli genitori a tutela di tutti. In questa storia della diffusione di immagini social, il minore non ha alcuna colpa, né gli è stato mosso alcun rilievo. Attendiamo le mosse della Procura, per affrontare un processo, ma anche per inoltrare una richiesta di trasferimento del 17enne in un carcere vicino alla sua famiglia. Si tratta di un minore che ha diritto a incontrare la sua famiglia, anche per il percorso formativo che ha intrapreso».

Video

Da qualche mese infatti l’assassino di Giogiò è ristretto in un carcere di Catanzaro, mentre a Napoli c’è una doppia inchiesta su quanto avvenuto all’alba dello scorso 31 agosto in piazza Municipio. Indagine condotta dal pm dei Colli Aminei Francesco Regine, non ci sono dubbi a leggere gli atti: a sparare contro Giovan Battista Cutolo è stato il minore, che ha colpito al petto il 34enne che si era limitato a intervenire per difendere un amico che aveva subito un’aggressione da parte del gruppo del 17enne.

A rivedere il video agli atti, il minorenne ha sparato pur senza aver mai preso parte alla zuffa, premendo più volte - e a freddo - il grilletto contro una persona indifesa. E non è tutto: l’ultimo colpo sarebbe stato esploso alle spalle del 34enne, in modo estemporaneo e gratuito. Una inchiesta nella quale il pm Regine si accinge a firmare la richiesta di processo immediato, di fronte all’evidenza della prova a carico del giovane indagato detenuto. Prosegue l’inchiesta anche contro i complici maggiorenni dell’assassino. Al lavoro il pm Danilo De Simone, che sta facendo chiarezza sul ruolo di tre soggetti che quella mattina hanno aggredito un gruppo di ragazzi per bene intenti a mangiare un panino nel pub di piazza Municipio. Assistiti dal penalista napoletano Claudio Botti, i genitori di Giogiò chiedono giustizia e si dicono pronti a costituirsi parte civile, nel corso di un eventuale processo che dovesse vedere sotto accusa gli amici maggiorenni del giovane assassino. 

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