Lavoro nero nei cantieri a Napoli: «Rischiamo di morire a 16 anni per 20 euro al giorno»

Lavoro nero nei cantieri a Napoli: «Rischiamo di morire a 16 anni per 20 euro al giorno»
di Leandro Del Gaudio
Lunedì 14 Giugno 2021, 00:00 - Ultimo agg. 15 Giugno, 07:07
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Ripartono, lentamente ma ripartono: lavori, ristrutturazioni, interventi di manutenzione, attività di edili in genere. In casa, negli alberghi o nei ristoranti, si torna a lavorare a colpi di cemento e di ramazza, di pale e di segatura. Non tutto fila liscio, non tutto avviene in modo trasparente. Anzi. Accade che sempre più spesso si fa ricorso a manodopera a basso costo, priva di qualsiasi copertura sanitaria o previdenziale, lontana da ogni genere di garanzia. Lavoro nero. Lavoro nero e minorile. Lavoro nero, minorile per immigrati. 

Succede nella centrale via Duomo o nella periferica conurbazione che unisce i quartieri di Soccavo e di Pianura, dove si formano vere e proprie centrali di caporalato, fenomeno che ritorna all’attenzione di inquirenti e organi di osservazione. Un’emergenza mai del tutto rimossa dal territorio, che si impone con prepotenza oggi che si riparte e che l’economia deve riprendere quota, vista anche la attesa per i fondi del recovery plan. Indagini in corso, numeri choc dalle verifiche di polizia giudiziaria messe a segno negli ultimi dodici mesi. Sono almeno quattro gli episodi su cui si sono concentrate le attenzioni degli inquirenti, volendo rimanere agli ultimi diciotto mesi: un minore rimasto per settimane su una sedia a rotelle, dopo essere caduto da una impalcatura a Ercolano (lavori in un bed and breakfast); un altro ragazzo morto durante la pulitura di un lucernaio, in via Duomo; un extracomunitario morto a Pianura, travolto da un muro; e un uomo rimasto ferito in un cantiere nei pressi di piazza dei Martiri. Ma restiamo al lavoro minorile, secondo quanto emerge dalle indagini condotte dal pool guidato dal procuratore aggiunto Simona Di Monte. Carte alla mano, ecco come funzionano le cose: la giornata di lavoro di un minore come operaio in un cantiere privato costa 20 euro; 50 euro vanno invece al soggetto che ha procurato la manodopera, ha raccolto i ragazzi sul territorio, mettendoli in contatto con la ditta di turno.

Paghette da fame che il più delle volte finiscono nelle tasche di ragazzi che da anni hanno abbandonato la scuola e che sono alla ricerca di una qualsiasi fonte di sostentamento. 

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Ma, al di là degli aspetti in generale, esiste sempre una svolta imprevista in ogni percorso investigativo che consente di fare il cosiddetto salto di qualità e di mettere a fuoco le dimensioni di un problema. È stata la confessione di un ragazzo rimasto ferito durante attività di lavoro illegale a fare emergere (e sotto alcuni aspe tti confermare) lo spessore che sta assumendo questo fenomeno: 16 anni, «Gaetano» viene usato come manovale. Stava lavorando in nero per la ristrutturazione di un bed and breakfast, quando cade da una impalcatura. Rimane paralizzato per alcuni mesi, solo per miracolo è riuscito a tornare in piedi. Le lesioni non erano irreversibili, il ragazzo potrà tornare quello di prima. E affrontare il processo a carico del «maestro» che lo ha messo in contatto con i datori di lavoro, tre soggetti finiti oggi a giudizio al termine delle indagini condotte dal pm Stella Castaldo. Una vicenda investigativa che fa i conti con la testimonianza del 16enne, oltre che con lo spulcio di messaggi ricavati dal telefonino del minore e del «maestro», che lo ha introdotto nel mondo del lavoro sommerso (ne parliamo più diffusamente nel pezzo che correda questo servizio), che dopo mesi di silenzio e reticenza ha deciso di raccontare la sua storia. Una vicenda molto simile a quella di tanti altri giovani, spesso giovanissimi, che provano ad accettare una vita onesta, dignitosa, anche se all’insegna di un regine di sfruttamento. E così ha deciso di parlare con una persona. Non una tra le tante che ha avuto modo di incontrare nei giorni successivi al suo incidente, ma una persona in particolare: il pm Castaldo, che ha di recente firmato il decreto di citazione in giudizio dei datori di lavoro di «Gaetano». Ecco il suo racconto: «Dottoressa, non è vero che mi ero affacciato per caso, su quella pedana… stavo lavorando, ecco come sono andate le cose». 

Una vicenda maledettamente simile a quella toccata a un extracomunitario morto un anno fa a Pianura (indagine del pm Mario Canale) e a quella di un ragazzo morto in via Duomo, appena un anno fa: era andato a fare un servizio in casa di una donna, le stava aggiustando il lucernario, ha messo il piede in fallo ed è caduto. Storie simili di una città che fa i conti con lo sprint della ripartenza e con gli orrori di sempre.

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