Muratore ucciso per una relazione pericolosa, il boss Polverino confessa in aula: «Ho dato io l'ordine di sparare»

Muratore ucciso per una relazione pericolosa, il boss Polverino confessa in aula: «Ho dato io l'ordine di sparare»
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 2 Aprile 2021, 23:38 - Ultimo agg. 3 Aprile, 18:20
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Ha ammesso di aver dato il via libera alla missione di morte. Ha ricordato la sua latitanza in Spagna, nei giorni in cui controllava il traffico di droga in una villa con piscina, quando diede il via libera: «Potete uccidere Santino Passaro», ritenuto responsabile di aver intrecciato una relazione sentimentale con la moglie di Armando Del Core, boss dei Nuvoletta che sta scontando l’ergastolo per l’omicidio del giornalista del Mattino Giancarlo Siani. Ieri in aula la confessione di Giuseppe Polverino, che ha ammesso il proprio ruolo di mandante, limitandosi però a ricostruire il perimetro delle proprie responsabilità (senza dare seguito pertanto a una collaborazione con la giustizia). 

Corte di assise del Tribunale di Napoli, c’è l’ammissione del boss (difeso dai penalisti Giovanni Esposito Fariello, Francesco Amodeo e Raffaele Esposito), in un’indagine della Dda, che nel corso degli anni ha riscontrato le accuse rese dal pentito Roberto Perrone. Scarcerato a settembre del 2008, l’ex manager del clan partecipó a una festa in suo onore, nella quale gli vennero forniti particolari dell’omicidio Passaro. In quelle circostanze Perrone comprese una serie di particolari legati alle strategie imprenditoriali, alle scelte criminali, ma anche ad alcuni fatti di sangue apparentemente scollegati rispetto alle logiche di dominio economico del territorio. Tra questi l’omicidio di Santino Passaro, un muratore che operava tra Marano e l’area flegrea. Fu ucciso per mettere a tacere le voci sul suo conto, a proposito di una presunta relazione con la donna sbagliata. Per questa vicenda sono stati condannati in primo grado (e con la formula del rito abbreviato), due presunti affiliati al clan Polverino: parliamo di Raffaele D’Alterio e Salvatore Simioli (ritenuti rispettivamente esecutore materiale del delitto e conducente della vettura usata dal commando; ed entrambi verrà data la possibilità di dimostrare le proprie ragioni nel corso del procedimento). 

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Ma torniamo alla scelta processuale di Polverino. Non è la prima volta che il boss ammette le accuse che gli vengono contestate, ovviamente rimarcando la propria differenza rispetto ai collaboratori di giustizia tout court. Meno di due mesi fa, Polverino aveva ammesso la propria responsabilità a proposito del delitto dell’imprenditore edile di Mugnano Enrico Amelio (ucciso nel 2006).

Anzi: in quell’occasione, dinanzi ai giudici di assise d’appello, Polverino aveva anche staccato un assegno di 150mila euro per la famiglia, con tanto di scuse messe nero su bianco in una lettera alla famiglia. Ieri la stessa mossa, con una lettera nella quale ha ricordato di aver dato il via libera all’esecuzione materiale del delitto di Santo Passaro, dalla lontana Spagna, in una condizione di latitanza dorata. 

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