Caso Di Maio senior, il faro del Fisco sui cambi di società e il giallo della rapina

Caso Di Maio senior, il faro del Fisco sui cambi di società e il giallo della rapina
di Mary Liguori
Sabato 1 Dicembre 2018, 08:01 - Ultimo agg. 2 Dicembre, 08:44
4 Minuti di Lettura

Non è mai stato titolare dell'Ardima eppure Antonio di Maio deve all'Agenzia delle entrate 176.000 euro. È giallo sulle motivazioni che hanno fatto scattare l'atto di ipoteca a carico di Di Maio senior e che riguardano il suolo di Mariaglianella che possiede insieme alla sorella. Terreno sul quale sono di recente scattati i controlli della polizia municipale che hanno portato all'apertura di un fascicolo per abusivismo e per smaltimento illecito di rifiuti da ieri in mano alla procura di Nola. Diverse potrebbero essere le motivazioni alla base della cartella che perseguita il papà del vicepremier e forse gli ha impedito di intestarsi la ditta edile che per tutti, a Pomigliano e dintorni, è di fatto sua. In primis un'evasione delle imposte relative alle stesse aziende che non ha mai detenuto. Non sono rari infatti i casi in cui l'Agenzia delle entrate individua il reale amministratore di una società benché questi non compaia tra i proprietari della stessa. In questi casi, l'agenzia aggredisce il patrimonio dell'amministratore di fatto ritenendo che sia il reale responsabile dell'evasione. Potrebbe essere successo questo, ma siamo sul campo delle ipotesi.
 
Salta fuori, in questi giorni, una vecchia storia che risale al periodo successivo l'elezione di Di Maio alla vicepresidenza della Camera. Poco dopo, infatti, suo padre denunciò di avere subito una rapina a Pomigliano d'Arco, vicenda che oggi rispunta perché c'è chi sostiene che, dopo l'escalation politica del giovane Luigi, qualcuno che era a conoscenza delle irregolarità della ditta di famiglia abbia fatto pressioni su Di Maio senior.

È probabile che l'accertamento dell'Agenzia delle Entrate sia antecedente al 2015, in quanto i controlli per il biennio precedente l'anno dell'accertamento possono risultare nulli visto che ogni contribuente ha la possibilità di correggere la propria posizione in relazione ai 24 mesi precedenti le verifiche. La maxicartella può derivare dal mancato versamento di Irpef, Irpeg o Iva. Le verifiche sull'azienda di Di Maio potrebbero essere anche scattate in seguito alla denuncia dell'operaio che sostiene di avere lavorato a nero per un anno, vicenda tutt'oggi oggetto di una causa. Spesso infatti l'Agenzia avvia accertamenti incrociati quando da altri uffici, in sede di giustizia amministrativa, emergono posizioni contributive non regolari anche scaturenti da lavoro sommerso. Non c'è stata, però, l'apertura di un profilo penale forse perché la soglia di evasione annua si è mantenuta al di sotto delle somme che fanno scattare il campanello d'allarme sul piano dei reati economici. Ciò non toglie che, a questo punto, la Procura potrebbe però richiedere atti all'Agenzia delle entrate per stabilire le ragioni dei cambi societari che nel tempo hanno interessato l'Ardima, intestata prima a Paolina Esposito, madre di Di Maio, poi al ministro e a sua sorella, Rosalba, e mai al padre Antonio che l'Agenzia considera il vero amministratore. Lo scenario che si profilerebbe in questo caso s'inquadra nel perimetro della sottrazione fraudolenta ai fini del pagamento delle imposte, l'alienazione simulata, ovvero il ricorso a prestanome, è stata infatti considerata reato anche se i beni sottratti sono di valore inferiore ai 50mila euro. Lo ha stabilito la Cassazione in una sentenza dell'aprile 2018. Padre, madre e figli ne risponderebbero in concorso qualora i pm ravvisassero un profilo di questa natura, dal momento che il padre è stato amministratore di fatto dell'azienda, la moglie e i figli si sono invece alternati in società.

Intanto, sugli immobili in cui aveva sede in passato la ditta dei Di Maio, oggi oggetto di una notizia di reato per abusivismo edilizio, si attendono le decisioni dei magistrati di Nola che dovranno decidere se convalidare il sequestro eseguito dalla polizia municipale guidata da Andrea Mandanici. Sotto i riflettori ci sono una masseria pericolante di due piani costruita prima della II Guerra e tre capannoni-deposito di circa 50 metri quadrati l'uno che invece sarebbero stati realizzati dopo il 2000.

In quell'area, fanno sapere dal Comune di Mariglianella, è possibile ottenere licenza solo per manufatti di pubblica utilità, come spazi ricreativi e aree a verde. Non ci sono richieste di concessione agli atti del Municipio, ma se anche ve ne fossero state sarebbero state respinte alla luce dei vincoli che insistono sulla zona in questione. Faccenda a sé, poi, quella dei rifiuti ritrovati nella stessa area di corso Umberto. Anche sull'ipotesi di smaltimento abusivo dovranno pronunciarsi i pm nolani. A ogni modo, delle irregolarità rispondono Antonio Di Maio e sua sorella che sono proprietari di una porzione del terreno dal 1981 e dell'area in cui si trovano i capannoni dal 2000 in poi. E lo stesso Di Maio senior ieri si è attribuito ogni responsabilità. «Errori miei, - ha detto - mio figlio non ne sapeva nulla».

© RIPRODUZIONE RISERVATA