Napoli, per i cantieri
​la regola della lumaca

di Raffaele Aragona
Martedì 15 Gennaio 2019, 10:16
3 Minuti di Lettura
Sono tanti i biglietti di visita sgualciti che si presentano al turista che arriva in città avendo appuntato nel suo carnet di viaggio nomi e luoghi affascinanti in quanto a storia e natura. Gli appaiono, invece, del tutto raccapriccianti le «porte» di Napoli comunque vi arrivi: in treno o in aereo, peggio in automobile. Per la zona d’ingresso dalle autostrade, con riferimento in particolar modo a via Marina, la riqualificazione sarebbe stata da considerare con la massima attenzione in una politica di recupero e miglioramento dell’immagine della città. E anche di economia cittadina, dal momento che questi lavori sono ancora in eterno riposo e non accennano a essere completati, con ripercussioni di ogni genere e serio rischio di penali. 

Sono state eseguite opere di minor conto tralasciando quelle più impegnative; ed è questo uno dei motivi per cui la gara di aggiudicazione delle opere di completamento non ha trovato facile conclusione: le prime ditte classificate sono state costrette una a una a rinunciare, ora c’è la sesta, ma la firma per la ripresa dei lavori è stata ancora rinviata. Una storia infinita che parte dal bando pubblicato nel lontano 2013; siamo ormai al 2019 e i tempi della rendicontazione per ora restano fissati al prossimo marzo! A Palazzo San Giacomo sono ottimisti: si dice che i lavori sono terminati all’85%, ma invece sono tante le questioni tecniche ancora non risolte. Al contrario, si è pensato per tempo a mettere a dimora piante lungo il ciglio della strada, alberi ora spogli di Washingtonia robusta che ormai muoiono per mancanza di cura.

E ancora: si è lavorato anche per spostare vari sottoservizi, ma quasi solo al fine di far posto alle fondazioni di un enorme totem pubblicitario completamente lesivo dell’estetica del luogo e, per altro, in contrasto con le norme del codice della strada.

Tutto quello che accade in questa strada di Napoli è indicativo di un andazzo che qualifica negativamente la gestione delle cose della città. A proposito delle piante immediatamente secche di via Marina Antonio Pascale, proprio su queste pagine, ebbe a dire che «se si vuole avere un’idea vincente della città, cominciamo dalle cose terra terra, innaffiamo gli alberi e potiamo i rami, facciamo manutenzione: non è poco, è un’intera vita e fa parte del progetto della nostra vita». Sì, potiamo i rami, potiamo i rami secchi: la metafora qui va benissimo!

Una «novità», questa delle opere incompiute alla quale ormai ci si è da tempo abituati. Non si vuole certo dire di tutta la questione Bagnoli che rappresenta un caso a sé, un vero e proprio emblema dell’incompiutezza, ma basta riferirsi ad altri episodi di varia importanza che, tanto per fare qualche esempio, vanno dalle opere per l’ascensore che collega Santa Lucia e Monte Echia a tanti altri come quello (apparentemente di minor rilievo) della riqualificazione delle torrette del ponte di accesso a Borgo Marinari: lavori che si trascinano incomprensibilmente da anni.

In questa nostra città non si chiedono necessariamente grandi cose, ma semplicemente gestioni ordinarie, non fatti eccezionali ma quanto basta per un decoroso vivere quotidiano. Il che, naturalmente, non significa escludere a priori progetti ambiziosi che riguardino grandi opere o eventi artistici d’avanguardia, ma significa considerare tutto in un’opportuna e imprescindibile scala di priorità.

Per fortuna, però, qualcosa di rilevante si fa in città: ieri, infatti, nella Sala giunta di Palazzo San Giacomo, alla presenza del vice sindaco con delega al Commercio Enrico Panini (ormai rientrato dalla missione all’estero), è stato presentato il programma della prima edizione della «Giornata cittadina del pizzaiuolo napoletano».
© RIPRODUZIONE RISERVATA