Napoli, il procuratore generale Gialanella: «Non solo processi, la vera arma contro i clan è la cultura»

Camorra spa e società civile collusa: «Sbagliato usare compartimenti stagni»

L'inaugurazione dell'anno giudiziario
L'inaugurazione dell'anno giudiziario
di Viviana Lanza
Sabato 27 Gennaio 2024, 23:55 - Ultimo agg. 29 Gennaio, 07:27
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«L’antidoto principale alla devianza criminale è il lavoro. Il tema è immenso ma non si può intraprendere alcun discorso sulla questione criminale se non si affronta questo tema in maniera strutturale. Non bastano il ripristino dell’ordine pubblico, il recupero delle periferie, il decoro urbano, il potenziamento delle scuole, l’offerta di attività sportive. Sono tutti essenziali ma non possono bastare per una rivoluzionaria battaglia contro la barbarie se non c’è una prospettiva strutturale di serio lavoro per il singolo», afferma il procuratore generale facente funzioni Antonio Gialanella.

Il suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario si conclude con un appello rivolto a tutta la società, istituzioni pubbliche e cittadini privati: «La mia è una chiamata alla responsabilità: ognuno deve fare la propria parte», dice.

La sua relazione annuale invita a una riflessione seria sul fenomeno malavitoso e sui suoi possibili rimedi. 

«Contro la barbarie criminale servono cultura e partecipazione dei cittadini ma serve anche contrastare la precarizzazione del lavoro». Lavoro inteso come opportunità di sviluppo personale e sociale del cittadino, come diritto che dà dignità alla persona: se ci sono lavoro e dignità, la legalità viene da sé. «È illusione - sottolinea il procuratore Gialanella - pensare che la repressione sia la soluzione. Diritto penale e diritto processuale penale non sono strumenti di guerra, bensì strumenti di regolazione di diritti e di obblighi. Garantismo non è solo un modello teorico, ma è autentica protezione dei diritti di tutte le parti del processo. E una legislazione processuale continuamente rivisitata è il contrario del garantismo - afferma - L’auspicio, quindi, è che la stella polare di ogni soggetto della giustizia, avvocati e magistrati, resti la ragionevolezza del garantismo». 

 

«L’estrema complessità dell’esercizio della nostra funzione giudiziaria è lo specchio della complessità del territorio sul quale il nostro lavoro insiste. Il nostro - spiega il procuratore generale - è un territorio distrettuale nel quale è difficile stabilire un confine netto tra la comunità civile formalmente rispettosa della legalità e un contesto di sistemi criminali organizzati in forma di costellazione. L’impresa camorrista è un fenomeno economico ormai strutturale, la camorra fa impresa e si inserisce in un mercato spesso non limpido e che non rispetta le regole». 

Attraverso la corruzione, poi, la criminalità contamina apparati della pubblica amministrazione e si infiltra in amministrazioni locali e con l’abusivismo edilizio e la gestione illegale dello smaltimento dei rifiuti si muove nel contesto opaco della devastazione territoriale. «In questa opacità la devianza non deve essere considerata un compartimento stagno. Il crimine diffuso, minorile e non, serve alla camorra che lo controlla e lo sfrutta, sicché il disordine pubblico che ne consegue viene alimentato di continuo e questo risponde agli interessi dei camorristi», spiega Gialanella. 

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«Il disordine pubblico impegna le forze dell’ordine in un difficile controllo del territorio e crea un falso bisogno di tutela in segmenti marginali della società che viene paradossalmente garantito proprio dallo stesso sistema criminale». Il procuratore descrive il circolo vizioso della mala e cita i dati che disegnano il quadro della devianza minorile, delle armi e dello spaccio di droga e del preoccupante aumento dei reati violenti di minori contro minori e abuso del web. Ricorda, il procuratore generale, l’omicidio del giovane musicista Giovanbattista Cutolo e l’orrore dello stupro di gruppo commesso ai danni di due bambine a Caivano e conclude: «Non è una questione di solo ordine pubblico».

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