Napoli, piazza Garibaldi resiste: non è (ancora) devastata da teppisti e violenti

Napoli, piazza Garibaldi resiste: non è (ancora) devastata da teppisti e violenti
di Paolo Barbuto
Mercoledì 17 Giugno 2020, 23:00 - Ultimo agg. 18 Giugno, 12:39
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Il degrado umano di piazza Garibaldi non ha ancora avuto il sopravvento sul luogo appena restituito alla città dopo decenni di lavori in corso. La piazza resta un’enclave di perditempo e violenti, quando scendono le ombre della sera, tanto da indurre gli agenti della polizia municipale a raccontare disagio e paura nell’affrontare quel luogo. Eppure la nuova “arena”, il campetto da basket, il playground per i bimbi, sono intatti, non violati dall’aggressione degli imbecilli. L’esperienza insegna che, purtroppo, non ci vorrà molto per vedere il bello trasformato in orrore, però l’idea che quella piazza abbia già resistito per sei mesi all’aggressione della teppaglia è un buon segno.

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L’assalto serale dei violenti l’abbiamo raccontato negli ultimi giorni. Per parlare delle strutture, della parte “fisica” di piazza Garibaldi, ci siamo andati a metà giornata, subito dopo l’ora del pranzo, e ci siamo trattenuti a lungo. 

Di primo acchito ci ha colti di sorpresa la presenza dei giardinieri che sarebbe normale in ogni altra parte d’Italia, non qui a Napoli dove vedere tagliaerba e cesoie in azione è un evento straordinario: tanta attenzione ad ogni porzione verde della piazza rinnovata, perfino sulle aiuole di solo prato larghe quanto un tombino l’erba viene rasata e curata. Primo punto a favore della piazza, anzi di chi ne ha cura. Poi, siamo andati a dare un’occhiata all’Arena, l’immensa vasca con le gradinate ai lati che conduce verso l’ampia porzione ipogea della piazza: anche lì il degrado è rimasto fuori. Un po’ di persone sedute sui gradoni, che sono stati costruiti proprio per questo scopo, qualche passante a risalire le scale, poche scritte sul cemento che appare ancora intonso. Discorso identico per l’area giochi dove i bimbi riescono a giocare per davvero perché nessuno ha ancora devastato corde, scivoli e reti per arrampicarsi; situazione analoga nell’area con il percorso per le “rotelle”, perfetto come all’inaugurazione così come il campetto di pallacanestro dove il cerchio di ferro ha resistito alle intemperie e non è stato preso di mira da malintenzionati.
 

 

In un orario di vita “normale”, prima del raduno dei perdigiorno violenti, piazza Garibaldi in certi tratti sembra la grande piazza di una capitale europea all’avanguardia: gruppi di ragazzi, italiani e stranieri, accovacciati all’ombra degli alberi a chiacchierare; famigliole felici con bambini a caccia di svago, passanti frettolosi ed eleganti con trolley che saltellano sul selciato, persone meno frettolose sedute ai tavolini dei caffé. Ci sono, quando la luce del sole è ancora alta, tantissimi giovani stranieri, la maggior parte ha occhi tristi e paura del futuro: non hanno aria minacciosa e non sembrano affatto pericolosi, se ne stanno a gruppetti a raccontarsi le difficoltà della loro vita. Insomma non sono le stesse persone che di notte aggrediscono la piazza con soprusi e violenza. 
 

In alcuni punti i writers hanno iniziato la loro opera di imbrattamento, ma non è ancora assalto alla piazza, si tratta solo angoli deturpati che potrebbero essere risistemati con poco sforzo prima di arrivare alla devastazione totale.
Anche sotto al sole cocente ci sono situazioni di palese degrado. Sotto al lampione di piazza Garibaldi che guarda verso il corso Umberto c’è l’accampamento di una senzatetto che sta lì da quando è stata sfrattata dalla sua abituale dimora sotto le torri di via Marina. Lo spettacolo è imbarazzante, un accumulo di coperte e materassi che è un grido d’aiuto a tutta la città: Napoli non può consentire che ci siano persone che vivono in questa maniera, deve offrire aiuto, soccorso, tutela, vicinanza.

Dalla parte opposta della piazza, all’angolo con Corso Novara, sulle grate di aerazione del parcheggio sotterraneo c’è un uomo svenuto: è ubriaco, il cartone del Tavernello vicino.
Qualche passo più in là un’altra donna in difficoltà, è straniera, vive sulla panchina che circonda un totem pubblicitario, la sua vita dentro una grande valigia rossa, la sua attenzione a un pupazzo di peluche di Winnie the Pooh che tiene steso al suo fianco.

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