Il dolore di Pironti: «Sempre meno libri. Port'Alba diventata via del kebab»

Bancarelle di libri a Port'Alba
Bancarelle di libri a Port'Alba
di Ugo Cundari
Sabato 22 Settembre 2018, 09:14 - Ultimo agg. 10:19
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Tullio Pironti, giovanotto che si avvia all'ottantunesimo compleanno, guarda l'andirivieni nella sua libreria di piazza Dante contento a metà. È il periodo in cui i librai lavorano di più, in piena campagna scolastica. «Dieci anni fa», confessa l'ex pugile, «con i soldi delle vendite di settembre e ottobre mi potevo permettere di programmare le uscite della mia casa editrice per tutto l'anno, potevo investire sui titoli stranieri e sugli autori noti. Oggi è diverso, maledettamente diverso». Il mondo cambia e cambia in peggio soprattutto il mondo di chi vende prodotti cartacei. A meno che non sei Amazon, e hai magazzini di migliaia di metri quadrati, o non sei un grande gruppo industriale.

Pironti la sua libreria è in crisi?
«Come tutte quelle italiane, in particolare quelle napoletane. Crisi nera».

È a rischio chiusura?
«No, perché ho esperienza e credibilità. Però non sono eterno, qui lavorano cinque persone che a settembre e ottobre diventano dodici, e prima o poi sarò costretto, mio malgrado, ad andare in pensione. Oggi c'è crisi e resisto, ma domani potrebbe non essere così».

Non è da lei essere pessimista.
«Non è da me neanche studiarmi la situazione e citare le statistiche, ma un paio di numeri li voglio dare. Secondo le ultime stime dell'Associazione italiana editori gli acquisti nelle librerie indipendenti sono diminuiti, aumentano quelli nelle librerie di catena. Ho imparato anche a confrontarmi, io che sono di un'altra generazione, con i numeri dell'e-commerce».
 
E che dicono questi numeri?
«Le vendite on line avanzano in modo significativo, con un incremento del 37% sull'anno precedente. L'e-commerce oggi pesa per il 21,3% sulle vendite totali, l'anno precedente era del 16,5%. Come si fa a non essere preoccupati?».

Proposte?
«Vorrei che il Comune si muovesse, che prevenisse la chiusura di altre librerie napoletane».

Le hanno già conferito la medaglia della città, che altro vuole?
«Vorrei che riconoscessero il ruolo culturale e sociale di una libreria storica, aperta più di un secolo fa, come la mia. Ho iniziato a lavorare in libreria a dodici anni, mio padre lavorava in quella di suo padre, mio nonno, che fu arrestato dai Borbone e una volta scarcerato, con i libri della sua biblioteca, aprì una libreria».

Concretamente cosa chiede?
«Diminuire le tasse per quello che al Comune compete. Lo potrebbe fare per un locale storico come il mio, ma lo dovrebbe fare per chiunque venda libri. Port'Alba sta diventando la strada dei kebab, non lo accetto, e non accetto che una libreria debba essere messa sullo stesso piano di una rosticceria. Avranno qualcosa di diverso? Nessuno si arrabbia mentre, camminando nell'antica via dei librai, non si sente più l'odore della carta ma quella della carne che gira attorno al fuoco? E poi il Comune potrebbe anche investire».

Come?
«I corsi per diventare librai hanno sempre successo, qui al Sud non ce ne sono, perché non organizzarli a Napoli? Se il Comune per esempio mettesse a disposizione una sede già sarebbe un primo passo. Io ho settanta anni di esperienza, la voglio mettere a disposizione dei giovani. Non voglio compensi per questo, lo faccio per lasciare una eredità alla mia città».

Però al Vomero le librerie continuano ad aprire.
«Aprire è facile, resistere è difficile. Al Vomero aprono e chiudono, poi cambiano sede, poi si trasferiscono. In poco meno di un anno al Vomero hanno chiuso la libreria di Trony e, nel silenzio generale, Aricò. La verità è che puntare sulla cultura è ancora una scommessa che molti ritengono perdente in partenza».

Pironti, possiamo stare tranquilli che la sua libreria resisterà ancora a lungo?
«Ogni tanto so che i locali in cui sono in fitto interessano uno che vuole aprire una vineria, un altro che vuole metterci un magazzino di vestiti».

E quindi?
«E quindi non vorrei essere lasciato più solo. Questa libreria è aperta dal 1915, centotredici anni. Della vecchia generazione dei librai sono rimasto l'unico».
 
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